Curiosity ha immortalato queste nuvole il 17 maggio 2019, il 2410° giorno marziano, o sol, della missione, usando le sue telecamere di navigazione in bianco e nero (Navcams). Si tratta probabilmente di nuvole di ghiaccio d’acqua a circa 31 chilometri dalla superficie. Sono nubi nottilucenti, il che significa che sono così alte che sono ancora illuminate dal Sole, anche quando sulla superficie di Marte è notte. Dall’informazione di quando la luce lascia le nuvole è possibile inferire la loro altitudine. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech

Per la prima volta nella storia dell’esplorazione spaziale, sono stati misurati i cambiamenti stagionali nei gas presenti al di sopra della superficie del cratere Gale del pianeta Marte, ed è stato trovato qualcosa di sconcertante: l’ossigeno, il gas che molte creature terrestri usano per respirare, si comporta in un modo che finora gli scienziati non sono stati in grado di spiegare attraverso alcun processo chimico noto.

Nel corso di tre anni marziani (quasi sei anni terrestri) uno strumento del Sample Analysis at Mars (Sam) –  un laboratorio di chimica portatile, posizionato nel ventre del rover Curiosity della Nasa – ha “inalato” l’aria del cratere Gale e ne ha analizzato la composizione. I risultati ottenuti da Sam hanno confermato la composizione dell’atmosfera marziana in superficie: 95% in volume di anidride carbonica (CO2), 2.6% azoto molecolare (N2), 1.9% argon (Ar), 0.16% ossigeno molecolare (O2) e 0.06% di monossido di carbonio (CO). Hanno inoltre rivelato come le molecole nell’aria marziana si mescolano e circolano con i cambiamenti della pressione dell’aria, durante tutto l’anno. Questi cambiamenti sono causati dal congelamento dell’anidride carbonica in corrispondenza dei poli, in inverno costantemente al riparo dalla luce solare, che precipita sotto forma di ghiaccio secco. Questo porta a una riduzione della pressione dell’aria su tutto il pianeta, a seguito della sua ridistribuzione per mantenere l’equilibrio della pressione. Quando la CO2 sublima, in primavera e in estate, si mescola all’aria marziana, aumentandone la pressione. La circolazione atmosferica così indotta porta alla formazione di cirri particolarmente numerosi ed imponenti.

Variazione stagionale dell’ossigeno nel cratere Gale. Crediti: Melissa Trainer/Dan Gallagher/Nasa Goddard

All’interno di questo ambiente, gli scienziati hanno scoperto che l’azoto e l’argon seguono un modello stagionale prevedibile: la loro concentrazione nel cratere Gale cresce e cala durante tutto l’anno rispetto alla quantità di CO2 presente nell’aria. Si aspettavano che l’ossigeno facesse lo stesso ma così non è stato. Ciò che hanno riscontrato è che la quantità di ossigeno nell’aria è aumentata del 30% durante la primavera e l’estate, per poi tornare ai livelli previsti dalla chimica nota, in autunno. Questo schema si è ripetuto ogni primavera, anche se la quantità di ossigeno in eccesso in atmosfera è risultata diversa, di anno in anno, suggerendo che qualcosa lo stava producendo e poi portando via.

Non appena gli scienziati hanno scoperto l’enigmatico comportamento dell’ossigeno, gli esperti del pianeta Marte si sono messi al lavoro per cercare di spiegarlo. Per prima cosa hanno verificato varie volte l’accuratezza dello strumento di Sam utilizzato per misurare i gas – lo spettrometro di massa a quadrupolo – arrivando alla conclusione che stava funzionando bene. Poi hanno preso in considerazione la possibilità che le molecole di CO2 o di acqua (H2O) possano aver rilasciato ossigeno quando si sono spezzate nell’atmosfera, portando a un aumento di breve durata del gas. Ma occorrerebbe un quantitativo di acqua cinque volte maggiore per produrre l’ossigeno osservato e la CO2 si rompe troppo lentamente per generarlo in così poco tempo. Per quanto riguarda la riduzione dell’ossigeno osservata, è stato ipotizzato che la radiazione solare potrebbe aver spezzato le molecole di ossigeno in due atomi che sono poi volati via nello spazio, ma gli scienziati hanno concluso che anche questo non è possibile, dal momento che occorrerebbero almeno 10 anni affinché l’ossigeno scompaia attraverso questo processo.

«Siamo in difficoltà per spiegarlo», ha detto Melissa Trainer, scienziata planetaria presso il Goddard Space Flight Center della Nasa, che ha guidato questa ricerca. «Il fatto che il comportamento dell’ossigeno non sia perfettamente ripetibile ogni stagione ci fa pensare che non sia dovuto a qualcosa che ha a che fare con le dinamiche atmosferiche. Deve esserci una sorgente chimica e un “pozzo” che non riusciamo ancora a spiegare».

Per gli scienziati che studiano Marte, la storia dell’ossigeno è curiosamente simile a quella del metano. Il metano si trova costantemente nell’aria, all’interno del cratere Gale, in quantità così piccole (0,00000004% in media) che è appena percettibile persino dagli strumenti più sensibili presenti su Marte. Tuttavia, è stato misurato dallo spettrometro laser sintonizzabile di Sam. Lo strumento ha rivelato che mentre il metano sale e scende stagionalmente, la sua abbondanza aumenta di circa il 60% nei mesi estivi per ragioni inspiegabili. In effetti, si sono riscontrati aumenti casuali anche nei mesi invernali e gli scienziati stanno ancora cercando di capire perché.

Variazione stagionale del metano e dell’ossigeno nel cratere Gale. Crediti: Melissa Trainer/Dan Gallagher/Nasa Goddard

Con le nuove rilevazioni di ossigeno, il team di Trainer si sta chiedendo se la chimica che genera le variazioni osservate sia simile a ciò che sta guidando le variazioni stagionali del metano visto che, occasionalmente, i due gas sembrano fluttuare in tandem, suggerendo una possibile correlazione.

L’ossigeno e il metano possono essere prodotti sia biologicamente (dai microbi, ad esempio) che abioticamente (dalla chimica dell’acqua e delle rocce). Gli scienziati stanno prendendo in considerazione tutte le opzioni, anche se non hanno prove convincenti di attività biologica su Marte. Curiosity non ha strumenti in grado di dire in maniera definitiva se la fonte del metano o dell’ossigeno su Marte sia biologica o geologica. Gli scienziati si aspettano che le spiegazioni non biologiche siano quelle più probabili e stanno lavorando alacremente per comprenderle appieno.

Tramonto marziano visto dal lander Viking 1. Crediti: Nasa/Jpl

Il team di Trainer ha considerato il suolo marziano come fonte dell’ossigeno extra riscontrato in primavera, poiché è noto essere ricco dell’elemento in oggetto, sotto forma di composti come il perossido di idrogeno e i perclorati. Decenni fa, un esperimento sui lander Viking ha mostrato che il calore e l’umidità erano in grado di rilasciare ossigeno dal suolo marziano. Ma quell’esperimento ha avuto luogo in condizioni molto diverse dall’ambiente marziano primaverile e, tra l’altro, non spiega la riduzione dell’ossigeno. Anche altre possibili spiegazioni non sembrano essere particolarmente plausibili, per ora. Ad esempio, radiazioni ad alta energia al suolo potrebbero produrre ulteriore O2 nell’aria, ma ci vorrebbero un milione di anni per accumulare abbastanza ossigeno nel suolo per tenere conto dell’aumento misurato in una sola primavera.

«Non siamo ancora stati in grado di individuare un processo che produca la quantità di ossigeno di cui abbiamo bisogno, ma pensiamo che questo processo coinvolga la parte superficiale del suolo, che cambia stagionalmente, perché non ci sono abbastanza atomi di ossigeno disponibili nell’atmosfera per riprodurre le variazioni osservate», ha affermato Timothy McConnochie.

Gli unici veicoli spaziali che in precedenza hanno misurato la composizione dell’aria marziana vicino al suolo sono stati i due lander gemelli Viking della Nasa, che arrivarono sul pianeta nel 1976. Gli esperimenti condotti dai due Viking coprirono solo pochi giorni marziani, quindi non poterono rivelare modelli stagionali dei diversi gas. Queste nuove misurazioni di Sam sono le prime in assoluto, su un arco di tempo così vasto. Lo strumento continuerà a misurare i gas atmosferici in modo che gli scienziati possano raccogliere più dati possibili, con più dettagliati possibile, durante ogni stagione. Nel frattempo, Trainer ed il suo team di ricerca sperano che altri esperti del pianeta rosso lavoreranno per risolvere il mistero che avvolge l’ossigeno marziano.

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