In questo rendering artistico, basato su un’immagine reale del laboratorio IceCube al Polo Sud, una sorgente distante emette neutrini rilevati sotto il ghiaccio dai sensori di IceCube chiamati DOM. Crediti: IceCube / Nsf

Per la prima volta, gli scienziati sono riusciti a individuare la possibile sorgente di un neutrino cosmico grazie all’associazione con una sorgente di raggi gamma, cioè fotoni di alta e altissima energia. Si tratta di un blazar, ossia una galassia attiva con un buco nero supermassiccio al centro, distante 4,5 miliardi di anni luce, in direzione della costellazione di Orione. A questo straordinario risultato, pubblicato oggi su Science, i ricercatori sono arrivati combinando i dati del rivelatore di neutrini IceCube, che opera tra i ghiacci del Polo Sud, e altri 15 esperimenti per la rivelazione dei fotoni da terra e nello spazio. L’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e varie Università italiane hanno dato contributi determinanti attraverso la partecipazione dei propri ricercatori a molti degli esperimenti e osservatori coinvolti nella scoperta.

Questa osservazione senza precedenti, frutto del lavoro “corale” dellastronomia multimessaggero, ha fornito anche un solido indizio verso la spiegazione di uno dei maggiori misteri ancora irrisolti: l’origine dei raggi cosmici di altissima energia. I raggi cosmici sono, infatti, composti prevalentemente da protoni, particelle elettricamente cariche che sono quindi deviate dai campi magnetici che permeano lo spazio, impedendoci di risalire alla loro origine. Un aiuto per chiarire questo mistero, che dura da oltre 100 anni, arriva dai neutrini che sono prodotti proprio dai protoni di alta energia. Essendo particelle neutre e con massa piccolissima, i neutrini non vengono deviati dai campi magnetici e interagiscono pochissimo con la materia, dimostrandosi dunque perfetti messaggeri, in grado di portarci diritti alla loro origine.

Nichi D’Amico, presidente dell’Inaf, commenta entusiasta: «Anche in questa scoperta, come nel caso dell’emissione di onde gravitazionali da parte del primo merger di due stelle di neutroni mai osservato, la potenza di fuoco di cui dispone l’Inaf, a tutte le lunghezze d’onda e con strumentazione di avanguardia da terra e dallo spazio, si è dimostrata determinante per rispondere ad alcune delle domande fondamentali per la comprensione dell’universo».

Dal neutrino all’osservazione spaziale e terrestre. Crediti: da un video della National Science Foundation

Una osservazione, molti messaggeri. Era il 22 settembre 2017 quando il rivelatore di neutrini IceCube osservava un interessante neutrino, battezzato poi IC-170922A. Interessante perché la sua energia molto elevata, pari a 290 TeV (teraelettronvolt, mille miliardi di elettronvolt), indicava, con ogni probabilità, che era stato originato da un lontano oggetto celeste molto “attivo”. Poiché, in base alle teorie, la produzione di neutrini cosmici è sempre accompagnata da raggi gamma, quando IceCube ha visto IC-170922A ha subito lanciato un’ “allerta neutrino” a tutti i telescopi, disseminati nello spazio e sulla Terra, nella speranza che le loro osservazioni potessero aiutare a individuarne con precisione la sorgente. E così è stato.

A tal proposito il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana Roberto Battiston ha dichiarato: «Un altro grande risultato dell’astronomia multimessaggero, oltre ai fotoni e alle onde gravitazionali, sorgenti estremamente energetiche nell’universo comunicano  con noi attraverso neutrini di altissima energia. Grazie a questa nuova astronomia l’universo ogni giorno diventa più piccolo e meno sconosciuto, grazie ai sofisticati strumenti a terra e nello spazio sviluppata dai ricercatori di Asi, Inaf e Infn».

Il satellite Fermi, realizzato dalla Nasa e che conta su una importante partecipazione di Asi, Inaf e Infn, osservando con il telescopio Lat i raggi gamma molto energetici provenienti dalla direzione del neutrino, ha trovato un’emissione coincidente con una sorgente di raggi gamma che era in stato “eccitato”. Era il blazar TXS 0506+056: un nucleo galattico attivo, cioè un buco nero supermassiccio al centro di una galassia che espelle un getto di materia relativistica, flussi di particelle e radiazioni energetiche a velocità vicine a quella della luce. Fermi-Lat ha diramato subito l’allerta tramite un ATel, un Telegramma Astronomico come viene chiamato, che ha consentito a tutti gli altri 14 esperimenti di puntare la sorgente. Il satellite italiano Agile, realizzato da Asi con il contributo di Inaf e Infn, ha quindi confermato l’informazione di Fermi-Lat con un altro Telegramma. Anche i telescopi Magic, realizzati e gestiti con il contributo importante di Inaf e Infn, sull’isola di La Palma alle Canarie, che studiano i raggi gamma da terra attraverso la radiazione Cherenkov prodotta dall’interazione dei fotoni gamma provenienti dalle sorgenti celesti con l’atmosfera terrestre, hanno orientato i loro giganteschi specchi verso la sorgente riuscendo, con 12 ore di osservazione, a rivelarla osservandola a un’energia mille volte maggiore di quella di Fermi, fornendo così un altro importante pezzo per il completamento di questa scoperta.

Tra gli esperimenti che studiano i fotoni e che hanno rivelato la sorgente, ci sono anche altri tre satelliti con una significativa partecipazione italiana: Swift, della Nasa, che ha un piccolo campo di vista ma una elevata capacità di ‘girarsi’ per ripuntare velocemente una sorgente improvvisamente ‘eccitata’, NuSTAR, sempre della Nasa, che con i propri telescopi per i raggi X riesce a fare immagini dell’Universo ad alta energia, e Integral, dell’Esa, che non hanno visto la sorgente ma ha fornito un limite superiore alla sua intensità, permettendo agli scienziati di escludere che il neutrino fosse associato a un lampo di raggi gamma (grb, Gamma Ray Burst).

Rendering artistico di un nucleo galattico attivo. Il buco nero supermassiccio al centro del disco di accrescimento invia un getto di materia ad alta energia nello spazio. Crediti: DESY, Science Communication Lab

Grazie alla combinazione di tutte le diverse osservazioni è stato così possibile individuare proprio nel blazar TXS 0506+056, che si trova al cuore di una galassia a una distanza di 4,5 miliardi di anni luce dalla Terra, la probabile sorgente del neutrino. La distanza di tale galassia ospite è stata misurata da un team di ricercatori dell’Inaf di Padova.

L’identificazione della sorgente dei raggi cosmici. Diversamente dal caso delle onde gravitazionali e del violento lampo gamma prodotti nella fusione di due stelle di neutroni, dove l’identificazione della sorgente si basava su una coincidenza temporale molto stretta, l’associazione fra il neutrino di IceCube e la sorgente TXS 0506+056, indicata dal telescopio Lat a bordo di Fermi, si fonda sulla coincidenza di posizione, all’interno di un decimo di grado, la cui affidabilità è stata calcolata basandosi sui dati Fermi-Lat. Per riuscire ad associare IC-170922A con la sorgente TXS 0506+056, il team Fermi-Lat ha dovuto riprodurre l’intero cielo gamma e studiarne la variabilità arrivando a valutare la probabilità di una coincidenza spaziale spuria a meno dell’1%. Un ulteriore indizio viene dall’osservazione da parte di Magic dei fotoni gamma a energie prossime a quelle del neutrino rivelato da IceCube, che rende questa associazione ancora più stringente e permette di avere un quadro più chiaro sull’origine di entrambe le emissioni.

«Questo è un risultato si estrema importanza, – ha sottolineato Fernando Ferroni, presidente dell’Infn – perché innanzitutto conferma la straordinaria potenza di indagine dell’astronomia multimessaggero. Il fatto poi che, in questo caso, sia stato un neutrino a innescare la scoperta conferma il ruolo chiave che questa sfuggente e ancora poco conosciuta particella può giocare nella nostra comprensione dell’universo e, quindi, quanto è fondamentale riuscire a conoscerne a fondo la natura. La rivelazione di IceCube conferma, inoltre, l’efficacia delle nostre strategie di indagine dei neutrini: vale a dire andare, non solo sottoterra come nei Laboratori Infn del Gran Sasso, ma anche sotto i ghiacci e sott’acqua come fa l’esperimento Antares, cui collaboriamo al largo delle coste francesi, e KM3Net, che stiamo realizzando assieme a una collaborazione internazionale in Sicilia. E le osservazioni dei rivelatori di fotoni gamma, come Fermi e Magic, confermano la nostra abilità, scientifica e tecnologica, di indagare il mondo delle particelle elementari con molti diversi strumenti. Infine, ma non ultimo, questo risultato dà un’ulteriore conferma della capacità della fisica italiana di essere protagonista delle grandi imprese scientifiche che si conducono a livello mondiale».

Conclusione. Nel blazar TXS 0506+056 il getto, alimentato dalla materia espulsa dal disco di accrescimento del buco nero nel quale era precipitata, è proprio la regione in cui le osservazioni di onde radio e di raggi gamma ci dicono che vengono accelerate particelle di alta energia. Adesso, che oltre ai raggi gamma abbiamo osservato anche un neutrino molto energetico, possiamo concludere che, oltre agli elettroni (e ai positroni), ci sono sicuramente anche protoni accelerati. Possiamo, inoltre, affermare che, per produrre il neutrino osservato, questi protoni sono sicuramente di energia estremamente elevata. Oltre a testimoniare in maniera chiara la presenza di protoni accelerati, il neutrino IC-170922A ci permette di risolvere, in parte, il mistero rappresentato dai raggi cosmici di energie estreme. Questo straordinario risultato della neonata astronomia multimessaggero conferma dunque la strettissima connessione che sussiste tra i diversi messaggeri cosmici.

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