Crediti: Nasa/Cxc/UWashington/T.Dorn-Wallenstein et al.;Nasa/Esa/J. Dalcanton, et al. & R. Gendler

L’intenzione era fotografare la nostra vicina di universo, la galassia di Andromeda, conosciuta anche come M31. O meglio, farne una sorta di lastra a raggi X, visto che gli strumenti utilizzati – oltre ai telescopi Gemini-North dalle Hawaii e Palomar Transient Factory del Caltech dalla California – erano quelli a bordo del telescopio spaziale per le alte energie Chandra della Nasa. Quando però gli astronomi sono andati a guardare il risultato, ecco fare capolino, là in alto a destra, un “intruso”. E questo chi è, si sono chiesti? In prima battuta, sembrava che J0045+41 – così l’hanno chiamato – facesse parte di M31, qualunque cosa fosse. Poi però, analizzandone lo spettro, è emerso che si trovava almeno mille volte più lontano: Andromeda dista dalla Terra circa 2.5 milioni di anni luce da noi, l’intruso 2.6 miliardi.

«Quello che stavamo cercando in M31 era un particolare tipo di stella, e pensavamo di averlo trovato», dice lo scienziato che ha coordinato lo studio pubblicato su The Astrophysical Journal, Trevor Dorn-Wallenstein dell’Università di Washington a Seattle. «Quando ci siamo resi conto d’esserci imbattuti in qualcosa di molto più strano, siamo rimasti sorpresi ed emozionati».

Ma le sorprese non erano finite: l’oggetto, è poi saltato fuori, è con buona probabilità una coppia di oggetti. Una coppia di buchi neri supermassicci – 200 milioni di masse solari in due – in orbita l’uno attorno all’altro, con un periodo compreso fra gli 80 e i 320 giorni, ad appena qualche centinaia di volte la distanza Terra-Sole. A portarli così vicini, ritengono gli scienziati, è stata una fusione tra galassie avvenuta qualche miliardo d’anni fa.

«È la prima volta che otteniamo prove così solide dell’esistenza d’un sistema binario di buchi neri supermassicci», osserva una delle coautrici dell’articolo, Emily Levesque, dell’Università di Washington.

Si fonderanno mai l’uno nell’altro? Probabilmente sì, ma non è facile stabilire quando, perché bisognerebbe conoscere con precisione la massa di ognuno dei due. «Riteniamo che i due membri della coppia si scontreranno e si fonderanno in un singolo buco nero», stima un altro dei coautori, John Ruan, anch’egli dell’Università di Washington, «entro un periodo compreso fra i 350 anni e i 360mila anni».

Un evento, quello della fusione di buchi neri supermassicci, in grado di produrre onde gravitazionali. Onde che, però, non potranno essere rivelate da interferomentri come quelli di Ligo o Virgo: sarà necessario ricorrere alla tecnica del pulsar timing array, come già abbiamo avuto occasione di spiegare su Media Inaf.

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