Fonte: Esa. Crediti: Cmse/China Manned Space Engineering Office

La notizia del possibile rientro della stazione cinese Tiangong-1 è di quelle che tengono banco nel mondo “spaziale” e nell’opinione pubblica in generale, in questo inizio d’anno. Per la rilevanza dell’evento – non succede tutti i giorni di avere un “autobus” di oltre 8 tonnellate che ci cade in testa dal cielo – praticamente tutte le agenzie spaziali del mondo hanno in programma osservazioni continuative della Tiangong (il “Palazzo Celeste”, come suonerebbe il nome in italiano). Ma la grande incognita – ciò che tutti si chiedono, a questo punto – è se dobbiamo guardare all’evento con il naso all’insù, affascinati da uno spettacolo celeste che si preannuncia unico o se, al contrario, una nota di preoccupazione debba essere messa in conto… e si debba almeno aprire l’ombrello.

Per saperne di più ci siamo rivolti ad Alberto Buzzoni, dell’Inaf-Oas di Bologna, coordinatore scientifico del progetto Prisma per lo studio delle meteore e membro per l’Inaf di Ocis, l’Organismo nazionale per il coordinamento delle attività di sorveglianza spaziale e difesa in Italia, assieme ai colleghi dell’Asi e dell’Aeronautica Militare. Insomma, la persona giusta per tutto ciò che può cadere sulla Terra dal di sopra delle nuvole.

Allora, Buzzoni, come stanno realmente le cose?

«Beh, la situazione non è forse delle più chiare. Con una nota del maggio scorso all’Unoosa (l’Ufficio per gli affari spaziali delle Nazioni Unite), l’Agenzia spaziale cinese Cnsa ha infatti informato ufficialmente il mondo che la sua stazione “non funziona più” dal 16 marzo 2016. Con sapiente levità tutta orientale, tuttavia, il messaggio della Cnsa lascia in dubbio se sia da intendere che l’astronave è letteralmente “impazzita”, come alcuni giornali stanno già (allarmisticamente) anticipando, o se al contrario la situazione sia, almeno in parte, sotto controllo».

Cosa ci dicono le osservazioni da Terra?

«Ancora in queste notti la Tiangong-1 sembra in assetto corretto di volo (probabilmente mantenuto dal sistema di controllo automatico a bordo), ma l’impossibilità di agire attivamente da terra sui motori (e questo sembra assodato) fa sì che la quota di 280 km a cui orbita ora l’astronave non potrà essere mantenuta per molto: da Capodanno la stazione si è già abbassata di una decina di chilometri e in sostanza sta lentamente “spiraleggiando” verso l’imminente (e a questo punto inevitabile) caduta».

Alberto Buzzoni, astronomo all’Inaf-Oas di Bologna, coordinatore scientifico del progetto Prisma per lo studio delle meteore e membro per l’Inaf di Ocis. Crediti: Media Inaf

Che previsioni possiamo fare per la data del rientro in atmosfera?

«Le previsioni sono ancora molto imprecise poiché, mano a mano che la quota si abbassa, l’orbita dell’astronave risente in maniera crescente dell’attrito con gli strati alti della nostra atmosfera (la cosiddetta ionosfera), la cui densità è influenzata in maniera erratica dal flusso di particelle in arrivo dal Sole come conseguenza dell’attività magnetica della nostra stella. C’è poi da tener conto dell’assetto “aerodinamico” della stazione (una specie di “aereo” con una carlinga tubolare di 3×10 metri e due “ali” di pannelli solari, ciascuno di 7×3 metri), che a questo punto diventa una variabile importante per valutare l’entità dell’attrito e calcolare così l’esatta traiettoria dinamica.

Allo stato attuale dei calcoli, comunque, possiamo stimare che la finestra di caduta più probabile sia centrata attorno alla prima quindicina di marzo, ma con una incertezza di più o meno due settimane. Inutile dire che, per un oggetto che sta percorrendo 8 km al secondo, questa incertezza rende totalmente aleatoria, al momento, qualunque previsione sul “quando-e-dove” cadrà».

Come ci si sta preparando a terra?

«Data la rilevanza dell’evento, nelle prossime settimane è in programma una campagna di osservazione internazionale, coordinata dall’Inter-Agency Space Debris Coordination Committee (Iadc), e anche l’Italia è coinvolta a vari livelli nella iniziativa. Come conseguenza dell’inclinazione del piano d’orbita della Tiangong, comunque, la cosa certa sin d’ora (e la buona notizia per il nostro Paese) è che tutta l’Italia settentrionale (a Nord dell’Isola d’Elba, all’incirca) è certamente fuori pericolo, mentre rimangono potenzialmente interessate dal rientro le regioni centrali e meridionali. Le istituzioni preposte, fra cui il Dipartimento della Protezione Civile, sono naturalmente già attive e ci terranno opportunamente informati su come evolve la cosa, nelle settimane a venire».

Dobbiamo dunque temere che ci cada qualcosa in testa? 

«Dal momento che durante il rientro l’attrito con l’atmosfera porterà a raggiungere temperature di circa 2000 gradi, va da sé che gran parte della struttura in alluminio della Tiangong verrà letteralmente vaporizzata attorno ai 60-80 km di altezza per cui, come per le meteoriti naturali, solo una piccola frazione della massa totale (in questo caso quella in materiale a più alto punto di fusione, come il titanio e l’acciaio) cadrà fisicamente al suolo, sotto forma di detriti di diverse dimensioni. Possiamo attenderci quindi pezzi di alcuni centimetri ma, anche sulla base di analoghe esperienze passate, non possiamo escludere la possibilità che alcune parti di dimensioni maggiori possano sopravvivere quasi integre fino al suolo. Detto questo, e a scanso di inutili allarmismi, rassicuriamo comunque che la probabilità di incidente umano per “caduta detriti”, sull’Italia, si stima nello 0.000002 per cento. Ovvero una chance contraria su 50 milioni. Questi numeri sono corroborati anche dal fatto che, negli oltre 60 anni di attività spaziale, non si ha notizia di nessun incidente avvenuto a terra per cause di questo tipo».

Eventuale caduta di detriti a parte, se il rientro avverrà sui cieli italiani è presumibile che assisteremo a un evento di fireball artificiale, no? Voi del progetto Prisma siete pronti?

 «Se la sorte geografica ci favorirà, il rientro della Tiangong sarà certamente rilevabile dalla rete di camere Prisma. Al pari di una meteora, inoltre, la rete sarà in grado di verificare la traiettoria di caduta e l’eventuale localizzazione dei detriti a terra. Va però detto che la probabilità di goderci questo spettacolo – con il rientro sull’area italiana – è molto bassa: qualcosa attorno all’uno per mille».

E in questo periodo? È troppo prematuro o state già provando a intercettare qualche orbita? 

«Per “scaldare i motori” in via totalmente sperimentale, nelle prossime settimane, con le camere Prisma tenteremo anche alcune osservazioni della traiettoria di avvicinamento della Tiangong durante i suoi passaggi notturni sull’Italia. Naturalmente, la stazione cinese non si può vedere con le camere in funzionamento “standard” e richiederà modalità di osservazione “ad hoc”. I test preliminari sembrano incoraggianti, per cui se il meteo sarà favorevole già nelle prossime notti speriamo di poter contribuire con qualche buon dato alla campagna di osservazione internazionale».

Facciamo gli auguri a Prisma, allora, e incrociamo le dita… e tutti all’erta se verso marzo vedremo una bellissima meteora in più risplendere in cielo!