Il piccolo quadratino che compone il dispositivo Squid. Credits: Sean O’Kelley

Macho, smidollati e calamari. Negli anni diversi candidati dagli acronimi bizzarri si sono fatti avanti per provare a svelare il mistero della materia oscura e sono stati man mano scartati. Ci sono i Macho (MAssive Compact Halo Object, oggetto compatto massiccio d’alone), corpi celesti massicci presenti ai confini delle galassie, nei cosiddetti “aloni”, con una luminosità ridotta. Oppure le Wimp (Weakly Interacting Massive Particle, particelle massive debolmente interagenti), termine che potrebbe essere tradotto in italiano come “smidollato”, particelle ipotetiche mai osservate. Ad aggiungersi all’elenco, nel progetto Admx (Axion Dark Matter Experiment) dell’Università di Washington, questa volta non come candidato ma come strumento per individuarne uno, è arrivato Squid (superconducting quantum interference devices): nella tradizione di strani acronimi, traducibile con “calamaro”.

Squid è un sensibilissimo rilevatore magnetico capace di amplificare segnali, ideato da John Clarke, professore di fisica nella scuola di specializzazione dell’Università della California a Berkeley, due decadi fa. Proprio grazie a questo piccolo strumento, che Clarke e il suo team sono riusciti a perfezionare e a migliorare, sarà possibile per Admx raggiungere una sensibilità senza precedenti per individuare – se esistono – gli assioni: particelle ipotetiche, fino a oggi mai osservate, attualmente in pole position per cercare di spiegare la natura di quell’enorme quantità di materia mancante nel nostro universo.

Il grande cilindro di Admx viene calato nel suo alloggiamento.
Crediti: Admx/University of Washington

Gli assioni sono particelle furtive, attraversano la materia senza interagire e viene da sé che individuarle, ammesso che esistano, non sia un gioco da ragazzi. Admx non è in grado di identificarle direttamente, ma potrà individuare i fotoni alla lunghezza d’onda delle microonde in cui gli assioni, sporadicamente, si trasformano. Una conversione che viene stimolata dall’apparato attraverso un potente campo magnetico e una camera di risonanza di microonde. Quando la frequenza di risonanza corrisponde a quella della massa degli assioni, la loro interazione con il campo magnetico di Admx aumenta, generando un segnale.

Un segnale debolissimo, facilmente oscurato dal rumore generato dal calore stesso degli apparati che per questo vengono raffreddati. Ma eliminare il rumore anche da amplificatori di transistor semiconduttori standard è tutto un altro discorso. Qui entra in gioco Squid: quando il dispositivo, capace di amplificare il segnale, viene raffreddato a temperature prossime allo zero assoluto, il rumore di fondo si riduce fino a una soglia quantistica, limitato dal solo principio di indeterminazione di Heisenberg. «Non si può fare meglio di così», dice Clarke.

A quel punto è solo una questione di sintonizzazione. Come nelle vecchie radio si girava una manopola per trovare l’emittente voluta, allo stesso modo adesso i ricercatori di Admx dovranno pazientemente setacciare le diverse frequenze fino a individuare quella di risonanza con gli assioni nella speranza di sentire il loro segnale proveniente dalla Via Lattea. «Non è richiesta alcuna nuova tecnologia. Non ci serve più un miracolo, ci serve solo tempo», spiega Leslie Rosenberg dell’università di Washington, oggi alla guida di Admx.

Non solo assioni per Squid. Il piccolo dispositivo, un rettangolino di un millimetro di lato, capace di gestire alte frequenze e bassi rumori, viene utilizzato anche in un altro campo di ricerca: la lettura dei quantum bits, o qubits, ovvero l’unità di informazione all’interno dei computer quantistici.

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