Anomalia del Sud Atlantico e inversione dei poli

Intensità del campo magnetico terrestre al 2020. Crediti: Wikimedia Commons

Il campo magnetico terrestre ci protegge. È uno scudo invisibile alle radiazioni pericolose che arrivano dallo spazio e al vento solare, che altrimenti spazzerebbero via l’atmosfera. Tuttavia, il campo magnetico non è stabile e a intervalli irregolari, in media ogni 200mila anni, si verificano inversioni nella sua polarità, ossia i poli magnetici nord e sud si scambiano.

Negli ultimi 180 anni, l’intensità del campo magnetico terrestre è diminuita di circa il 10 per cento. Contemporaneamente, nell’Atlantico meridionale, al largo delle coste del Sud America, è cresciuta un’area nella quale il campo magnetico è insolitamente debole. In quest’area, chiamata Anomalia del Sud Atlantico, la parte inferiore delle fasce di Van Allen è più vicina alla superficie del pianeta e quindi l’intensità delle radiazioni che provengono dallo spazio è più elevata rispetto a quella del resto della superficie terrestre. Per i satelliti artificiali e per altri veicoli spaziali (come ad esempio la Stazione spaziale internazionale e il telescopio spaziale Hubble), transitare attraverso questa anomalia può avere importanti conseguenze, per via delle radiazioni a cui possono essere esposti per parecchi minuti.

I cambiamenti nell’intensità del campo magnetico hanno portato a ipotizzare che potremmo essere diretti verso un’inversione di polarità. Tuttavia, il nuovo studio suggerisce non è assolutamente detto che sia così. «Abbiamo mappato i cambiamenti nel campo magnetico terrestre negli ultimi 9mila anni e anomalie come quella nell’Atlantico meridionale sono probabilmente fenomeni ricorrenti legati alle corrispondenti variazioni dell’intensità del campo magnetico terrestre», afferma Andreas Nilsson, geologo dell’Università di Lund.

Il disallineamento tra asse di rotazione e asse magnetico e la bassa quota delle fasce di Van Allen sull’Atlantico meridionale (lato destro dell’immagine). Crediti: Wikimedia Commons

I risultati si basano su analisi di reperti archeologici bruciati, campioni vulcanici e carotaggi di sedimenti, che contengono informazioni sul campo magnetico terrestre: vasi di terracotta che sono stati riscaldati fino a oltre 580 gradi Celsius, lava vulcanica che si è solidificata e sedimenti che si sono depositati nei laghi o nel mare. Gli oggetti agiscono come capsule del tempo e ci raccontano come doveva essere il campo magnetico nel passato. Utilizzando strumenti molto sensibili, i ricercatori sono stati in grado di misurare queste magnetizzazioni e ricreare la direzione e la forza del campo magnetico in luoghi e tempi specifici.

Studiando come è cambiato il campo magnetico, i ricercatori possono saperne di più sui processi nel nucleo terrestre che generano il campo. Il nuovo modello sviluppato in questo studio può essere utilizzato anche per datare documenti sia archeologici che geologici, confrontando le variazioni misurate e modellate nel campo magnetico.
E, in modo rassicurante, questo modello li ha portati a una conclusione riguardo alle speculazioni su un’imminente inversione di polarità: «Sulla base delle somiglianze con le anomalie ricreate, prevediamo che l’Anomalia del Sud Atlantico scomparirà probabilmente entro i prossimi 300 anni e che la Terra non si stia dirigendo verso un’inversione di polarità», conclude Andreas Nilsson.

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