Le quattro galassie centrali nel cuore dell’ammasso Abell 3827 viste in una gamma ampia di lunghezze d’onda, tra cui l’imaging in ultravioletto con il telescopio spaziale Hubble (mostrato in blu) e l’imaging di Almaa lunghezze d’onda submillimetriche (indicate come linee di contorno rosse). A queste ultime lunghezze d’onda, l’ammasso in primo piano diventa quasi trasparente, consentendo di vedere più chiaramente la galassia sullo sfondo. Ciò rende più facile apprezzarne la distorsione rispetto alle precedenti osservazioni condotte con il solo Hubble. Crediti: Nasa/Esa/Eso/Richard Massey (Durham University)

Tre anni fa, era l’aprile 2015, un team di astronomi della Durham University aveva notato qualcosa di anomalo nella materia oscura di Abell 3827, un ammasso di galassie a un miliardo e 300 milioni di anni luce da noi. Ne avevamo parlato anche su Media Inaf: osservandolo con il telescopio spaziale Hubble, sembrava che una galassia dell’ammasso si fosse in qualche modo “separata” dalla materia oscura che la circondava. Per l’esattezza, un grumo di materia oscura era apparentemente rimasto indietro – di circa 5000 anni luce – rispetto alla galassia che circondava. Un’anomalia, suggerirono all’epoca gli astronomi  alla guida dello studio, che poteva essere la spia di un comportamento “interagente”: detto altrimenti, il segnale di un’interazione della materia oscura con sé stessa grazie a forze diverse dalla gravità. Un’anomalia notevole, se confermata, al punto da spingere il primo autore di quello studio, Richard Massey, a dichiarare, all’epoca, «stiamo finalmente costringendo la materia oscura all’angolo».

Conferma che non è però arrivata, anzi. Lo stesso gruppo di astronomi ora afferma che nuovi dati, provenienti da osservazioni più recenti condotte con Alma (l’Atacama Large Millimetre Array), mostrano che la materia oscura nell’ammasso Abell 3827 non si è affatto separata dalla sua galassia. Presentate oggi, venerdì 6 aprile, a Liverpoool, nel corso della European Week of Astronomy and Space Science, da un astrofisico dello stesso team d’allora, Andrew Robertson, le nuove misure appaiono coerenti con un tipo di materia oscura “classico”, ovvero che interagisca solo tramite la forza di gravità. «La vera posizione della materia oscura è diventata più chiara rispetto alle nostre precedenti osservazioni», dicono i ricercatori della Durham University.

Dunque un completo passo indietro, si ritorna al punto di partenza, alla cold dark matter canonica. O quasi. Se i nuovi risultati – in uscita su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society – mostrano come la materia oscura sia rimasta con la sua galassia, i ricercatori aggiungono però che questo non significa necessariamente che non interagisce. Potrebbe interagire molto poco, suggeriscono. O, ancora, la galassia sotto osservazione potrebbe spostarsi direttamente verso di noi, quindi se anche la sua materia oscura rimanesse indietro non osserveremmo alcuno spostamento laterale.

Per saperne di più:

  • Leggi il preprint dell’articolo “Dark matter dynamics in Abell 3827: new data consistent with standard Cold Dark Matter“, di Richard Massey, David Harvey, Jori Liesenborgs, Johan Richard, Stuart Stach, Mark Swinbank, Peter Taylor, Liliya Williams, Douglas Clowe, Frederic Courbin, Alastair Edge, Holger Israel, Mathilde Jauzac, Remy Joseph, Eric Jullo, Thomas D. Kitching, Adrienne Leonard, Julian Merten, Daisuke Nagai, James Nightingale, Andrew Robertson, Luis Javier Romualdez, Prasenjit Saha, Renske Smit, Sut Ieng Tam ed Eric Tittley