Così la polvere di Ryugu sarà passata al setaccio

La settimana scorsa Hayabusa-2 ha lasciato cadere dallo spazio la capsula contenente la preziosa polvere dell’asteroide Ryugu. Il portacampioni, atterrato come previsto nell’entroterra australiano, adesso si trova in Giappone, presso una facility della Jaxa, dove sarà studiato per ottenere informazioni sulle origini del Sistema solare. Ne parliamo con Ernesto Palomba dell’Inaf Iaps di Roma, membro del team di Hayabusa2 e unico italiano del team di scienziati che ”avranno in mano” un pezzo di storia del Sistema solare

Trasporto della capsula. Crediti: Jaxa

Il cinque dicembre 2020 per la Jaxa – l’agenzia spaziale giapponese – e per l’intera comunità scientifica è stato un giorno memorabile, da ricordare. Il giorno in cui, dopo oltre sei anni e più di cinque miliardi di km percorsi, la capsula della missione Hayabusa-2 contenente frammenti di Ryugu è rientrata sulla Terra: il secondo campione di un asteroide che sia mai stato raccolto nello spazio e riportato sul nostro pianeta.

Hayabusa-2 ha iniziato la sua missione nel 2014 dopo un lancio effettuato dal centro spaziale di Tanegashima, un’isola nel sud del Giappone. Ha viaggiato per miliardi di chilometri, sfruttando la spinta orbitale di diversi pianeti per avvicinarsi a Ryugu e inseguirlo nel suo viaggio interplanetario. Per ben due volte l’anno scorso la sonda si è avvicinata all’asteroide, raccogliendo con successo campioni, prima di lasciare il corpo celeste e riprendere la strada di casa per portarci il prezioso carico.

Carico che esattamente alle 20:47 ora italiana del 5 dicembre (in Giappone le 04:47 del 6 dicembre) è arrivato a destinazione: la Woomera Prohibited Area, nell’Australia meridionale, dopo che la capsula che lo conteneva si è separato dalla sonda madre. Il collection team M di Hayabusa2 ha trovato la capsula contenente il carico proprio lì dove aveva indicato un altro gruppo, il Dfs team, sulla base dei segnali radio ricevuti dalla capsula.

Una volta effettuato il recupero, la capsula è stata trasportata al Woomera Test Range, il laboratorio dal quale poco dopo è arrivata la notizia che il cono porta-campioni era adeguatamente sigillato e dove è avvienuta una verifica preliminare del contenuto in gas del campione, la gas sampling analysis. Il 7 dicembre, alle 14:30 ora italiana, dall’aeroporto di Woomera, la capsula è poi partita alla volta del Giappone, atterrando all’aeroporto di Tokyo-Haneda alle 23:20. Da lì, a bordo di un camion, l’attende un ultimo viaggio, questa volta verso il Sagamihara Campus Research Laboratory Building della Jaxa, dove i frammenti verranno analizzati.

Come, con quale tempistica e da chi? Lo chiediamo a Ernesto Palomba, ricercatore all’Inaf Iaps di Roma, membro del team di Hayabusa-2, co-investigator della camera Onc e dello spettrometro Nirs3 della sonda, nonché unico membro italiano del team che effettuerà le analisi sui campioni.

Ernesto Palomba, ricercatore all’Inaf Iaps di Roma e membro della missione Hayabusa-2

Facciamo un passo indietro. Che tipo di analisi è quella condotta sui campioni al Woomera Test Range? Si è parlato di analisi dei gas, ma Ryugu non è privo di atmosfera?

«I campioni di Ryugu sono stati raccolti in un ambiente a temperature che variano dai 360 kelvin durante il giorno a meno di 150 kelvin di notte. Durante il rientro in atmosfera della capsula, sebbene protetta da uno scudo termico, questo materiale potrebbe aver subito un’escursione termica tale da far degassare composti semi-volatili eventualmente presenti. L’analisi dei gas, condotta attraverso spettrometria di massa presso la Quick Look Facility del Woomera Test Range, è stata eseguita proprio per vedere se esiste questa componente semivolatile nel materiale raccolto».

Cosa succederà adesso che la capsula si trova presso la facility della Jaxa?

«La capsula sarà posta all’interno di una clean room di classe 10.000, una camera estremamente pulita per evitare contaminazioni, dove avverrà l’apertura in questa settimana e dove verranno condotte le analisi preliminari dei campioni probabilmente già prima di Natale».

Di che analisi si tratta?

«La facility della Jaxa è stata preparata seguendo lo stato dell’arte delle tecniche analitiche di microanalisi per campioni solidi. Saranno utilizzate tecniche in grado di caratterizzare il campione da ogni angolazione, dalla composizione chimica e mineralogica all’analisi dei compositi organici, così rilevanti per la ricerca di vita extraterrestre e per la comprensione dell’origine e dell’evoluzione del Sistema solare. Queste analisi preliminari dureranno per un intero anno, e saranno condotte da un team composto da un centinaio di scienziati di tutto il mondo – team del quale, unico italiano, faccio parte anch’io. Sarà una fase estremamente eccitante, durante la quale cercheremo anche di fare un confronto fra questi dati e quelli ottenuti dalla sonda. Questo ci permetterà di capire se la superficie di Ryugu è così omogenea come sembra oppure no».

Cosa possono dirci le analisi a terra di diverso rispetto a quelle in situ fatte da Hayabusa-2?

«Avere un campione in mano consente di compiere innumerevoli tipi di analisi in più rispetto a quelle che è possibile fare dalla sonda. Ad esempio, è possibile effettuare analisi isotopiche che permettono di determinare l’età, di studiare la provenienza, l’origine e l’evoluzione del corpo celeste, e indagini di composizione che dalla sonda sarebbero impossibili».

Si parla di una quantità di campione di pochi milligrammi: perché questa differenza con la quantità raccolta, ad esempio, da Osiris-Rex su Bennu? 

«La quantità nominale che la capsula può contenere è di un paio di decimi di grammo, neanche lontanamente comparabile a quella che è in grado di contenere il portacampioni di Osiris-Rex. Bisogna considerare però le dimensioni (e il costo) di Osiris-Rex, che è quasi quattro volte più grande di Hayabusa-2, e di conseguenza anche il suo portacampioni lo è. Voglio però farvi una domanda: è meglio bere un mezzo bicchiere di Amarone o un intero cartoccio di tavernello? Questo per sottolineare che Hayabusa-2 ha raccolto meno campioni ma di più grande qualità scientifica. La sonda ha catturato infatti materiale da due zone dell’asteroide completamente differenti. Tra l’altro, una delle due contiene materiale incontaminato subsuperficiale, riportato alla luce da un proiettile sparato dalla sonda prima di effettuare il prelievo. Quindi, certo abbiamo meno materiale, ma il suo valore scientifico è enormemente superiore».

Quali risultati vi aspettate di ottenere? 

«Abbiamo già un’idea di come è fatto Ryugu dalle misure condotte in situ da Hayabusa-2. Sappiamo che è un corpo creatosi dalla frammentazione di un oggetto più grande. Dall’analisi qui a terra ci aspettiamo che questi granelli ci possano indicare chiaramente che tipo di processamento termico Ryugu ha subito durante la sua evoluzione».

La configurazione della camera bianca del Sagamihara Campus Research Laboratory. Le diverse sigle, di colore diverso a seconda dell’atmosfera presente (vuoto in blu e atmosfera azotata in rosso) indicano parti diverse della strumentazione all’interno della quale avverrà l’apertura della capsula e l’iniziale analisi dei campioni. Crediti: Jaxa

E un risultato che mai vi aspettereste di ottenere dall’analisi dei frammenti di Ryugu? Qualcosa in grado di produrre quello che gli inglesi chiamano “effetto wow”?

«Be’, per esempio riuscire a dire che Ryugu è il corpo progenitore di una particolare famiglia di condriti carbonacee. A oggi si conoscono solo tre corpi progenitori di altrettante famiglie di meteoriti cadute sulla terra: la Luna, progenitore delle meteoriti lunari (conclusione raggiunta confrontando la composizione di queste condriti con quella dei campioni Apollo); Marte, progenitore delle meteoriti Snc (Shergottiti, Nakhliti e Chassigniti), la cui composizione gassosa era simile a quella ottenuta dalle analisi di Viking dell’atmosfera marziana; e Vesta, progenitore delle meteoriti Hed. Ecco, arrivare a dire che Ryugu è il quarto corpo progenitore di una famiglia di meteoriti sarebbe un risultato importante, sicuramente da effetto wow».

Cosa accadrà una volta che queste analisi preliminari saranno terminate? Immagino che i campioni verranno distribuiti in diverse nazioni, ne arriveranno in Italia?

«I campioni verranno distribuiti tra Usa, Germania, Francia e Australia, le nazioni che hanno contribuito al successo della missione. L’Australia ha condiviso il sito di atterraggio. Con gli Usa c’è stato uno scambio di expertise scientifica, avendo Oriris-Rex come missione di ritorno di campioni in corso. Mentre Germania e Francia hanno costruito il lander Mascot, e producendo hardware hanno fatto un forte investimento economico. Tutti questi paesi, riceveranno quindi frammenti di Ryugu che rimarranno di loro proprietà. Il nostro paese, che ha fornito solamente un supporto scientifico, non riceverà campioni ma comunque avrà la possibilità di richiedere alcune particelle a scopo di ricerca scientifica, terminata la quale dovranno però essere restituite al Giappone».

A quando i primi risultati?«Già a gennaio del 2021 dovremmo avere qualcosa in mano, tuttavia passeranno diversi mesi prima di completare l’analisi preliminare, precisamente un anno. Sarà difficile che il grande pubblico possa venire al corrente delle scoperte che faremo prima di questo periodo. Inoltre, ci sarà il consueto embargo sulla comunicazione dettagliata delle scoperte scientifiche, che prima dovranno essere pubblicate su rivista scientifica. Dunque, nulla potrà trapelare prima di diversi mesi».

Guarda l’intervista tripla di MediaInaf Tv su Osiris-Rex, Rosetta e Hayabusa-2:

Leggi l’articolo originale su MEDIA INAF.

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