La coppia di telescopi Magic alle Canarie. Crediti: Daniel López/Iac

Ormai non passa mese che non venga pubblicata una nuova misura della costante di Hubble, un numerello che esprime il tasso di espansione dell’universo (in chilometri al secondo per megaparsec, dove un megaparsec è circa equivalente a 3.26 milioni di anni luce), da cui è anche possibile ricavare un ordine di grandezza per l’età dell’universo stesso.

L’ultimo valore calcolato, 67.5 (km/s)/Mpc, si trova nell’articolo recentemente pubblicato su The Astrophysical Journal da una collaborazione internazionale, guidata da Alberto Domínguez dell’Università Complutense di Madrid, che ha usato un approccio innovativo. Il gruppo di ricerca, migliorando un metodo già usato in precedenza dallo stesso Domínguez, ha preso in considerazione gli ultimi dati sulla attenuazione dei raggi gamma ottenuti dal Fermi Gamma-ray Space Telescope e da telescopi terrestri di tipo Cherenkov, come il Magic alle Isole Canarie, confrontandoli con le previsioni teoriche sulla cosiddetta radiazione extragalattica di fondo (Eblextragalactic background light).

«È notevole che stiamo utilizzando i raggi gamma per studiare la cosmologia», commenta  Domínguez. «La nostra tecnica ci permette di utilizzare una strategia indipendente da quelle esistenti per misurare le proprietà cruciali dell’universo».

Il primo autore del nuovo studio, Alberto Domínguez, all’Osservatorio di Roque de los Muchachos, nell’isola spagnola di La Palma, alle Canarie, dove sorgono i telescopi Magic ed è in via di costruzione il sito nord del Cherenkov Telescope Array. Crediti: Alberto Domínguez

I raggi gamma sono la forma di “luce” più energetica. La radiazione extragalattica di fondo è una sorta di bagliore cosmico diffuso da tutta la luce ultravioletta, visibile e infrarossa emessa dalle stelle prodotta in ogni epoca nell’universo. Quando i raggi gamma e la radiazione extragalattica di fondo interagiscono, lasciano una traccia osservabile – un’attenuazione, appunto, ovvero una graduale perdita di flusso – che gli scienziati sono stati in grado di analizzare per verificare le loro ipotesi.

Essendo la Terra immersa nella luce solare e in quella galattica, risulta molto difficile misurare il valore complessivo della radiazione extragalattica di fondo. Un’impresa riuscita l’anno scorso a una collaborazione guidata dall’italiano Marco Ajello, professore al dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Clemson (Usa), che – come abbiamo riportato all’epoca su Media Inaf – ha misurato “la luce di tutte le stelle dell’universo” proprio grazie ai dati del satellite Fermi.

Ajello e il suo team alla Clemson hanno partecipato alla nuova stima della costante di Hubble sfruttando le tecniche di misurazione dei raggi gamma messe a punto con le ricerche precedenti.

«Quello che sappiamo è che i fotoni gamma provenienti da fonti extragalattiche nel loro viaggio verso la Terra possono essere assorbiti, interagendo con i fotoni dalla luce delle stelle», spiega Ajello. «Il tasso di interazione dipende dalla lunghezza del percorso, la quale a sua volta dipende dall’espansione. Se la velocità di espansione è bassa, i fotoni percorrono una distanza più piccola, mentre se l’espansione è più veloce, i fotoni percorrono una distanza molto più grande. Quindi la quantità di assorbimento che abbiamo misurato dipendeva fortemente dal valore della costante di Hubble. Ciò che abbiamo fatto è stato di capovolgere il valore di attenuazione e usarlo per determinare il tasso di espansione dell’universo».

Da sx, Marco Ajello, Lea Marcotulli, Abhishek Desai e Dieter Hartmann della Clemson University, tra gli autori della nuova misurazione della costante di Hubble. Crediti: College of Science Clemson University

Nel gruppo di Ajello c’è anche la giovane ricercatrice italiana Lea Marcotulli che, dopo una laurea triennale in astronomia all’Università di Bologna, ha conseguito la laurea magistrale proprio all’Università di Clemson, dove ora segue un corso di dottorato nella stessa materia, occupandosi principalmente di galassie attive molto antiche. Esattamente quanto antiche siano queste galassie dipende dalla velocità di espansione dell’universo, la cui misura con metodi diversi ha finora prodotto dei risultati spesso non coincidenti.

«Il fatto che il nostro universo sembra stia espandendosi più rapidamente di quanto predetto dal modello cosmologico standard è intrigante. Se vera, questa discrepanza potrebbe nascondere nuova fisica ancora sconosciuta per il nostro universo», dice Marcotulli a Media Inaf. «Misure indipendenti – compiute usando vari esperimenti – della costante di Hubble sono indispensabili per ridurre gli errori sistematici sulle varie misure e cercare di capire se effettivamente ci stiamo perdendo qualcosa».

Per saperne di più:

Guarda anche il video realizzato da Media Inaf TV nell’aprile 2019 sulle diverse misure della costante di Hubble: