Esopianeti dal terrazzo: intervista a Gianluca Masi

L’Osservatorio Bellatrix, accessibile tramite il Virtual Telescope Project, osserva i cieli da oltre venti anni dai tetti di Ceccano, nel frusinate. Tra i suoi vari traguardi, di recente è entrato nel gruppo di osservatori che supportano Tess, il cacciatore di esopianeti della Nasa. Ne parliamo Gianluca Masi, astrofisico fondatore del progetto

Gianluca Masi, classe 1972, di Ceccano (FR), è un astrofisico e divulgatore scientifico. Nel 1997 ha fondato l’osservatorio Bellatrix e nel 2006 il Virtual Telescope Project

Tess, il Transiting Exoplanet Survey Satellite della Nasa, è un osservatorio spaziale che dal 2018 osserva la volta celeste alla ricerca di pianeti extrasolari. Per farlo, sfrutta il metodo dei transiti: una tecnica ben consolidata che ci ha permesso di scoprire la quasi totalità – tra quelli che conosciamo – dei pianeti che orbitano altre stelle. Tess però non lavora da solo: per completare le sue analisi ha bisogno dell’aiuto di altri osservatori che, da Terra, forniscano ulteriori dati e dettagli sugli oggetti che scopre. L’insieme di questi osservatori prende il nome di Tess Follow-up Observing Program Working Group (Tfop Wg). Rete della quale fa ora parte anche l’Osservatorio “Bellatrix” dell’astrofisico Gianluca Masi. Lo abbiamo intervistato.

In cosa consiste questo Working Group del quale il suo Osservatorio Bellatrix fa ora parte?

«Nell’ambito della missione Tess, il Virtual Telescope Project (e dunque l’Osservatorio Bellatrix che lo ospita) partecipa al sottogruppo 1 del Tfop Wg: al suo interno vengono svolte osservazioni di tipo fotometrico, entro i limiti imposti dalla nostra atmosfera, al fine di individuare eventuali falsi positivi negli eventi di transito registrati da Tess, magari dovuti a contaminazione da parte di stelle binarie a eclisse. Insomma, un lavoro essenziale per avvalorare la reale natura di un transito, ovvero dell’impronta fotometrica di un pianeta in orbita attorno a una certa stella. Un’attività, questa, che mi entusiasma: mi ha sempre appassionato cercare il “pelo nell’uovo”, il dettaglio dirimente nelle cose del cielo».

Ne fanno parte altri osservatori italiani, oltre al suo? 

«Sì, c’è un manipolo di osservatori italiani coinvolti, sempre nel medesimo gruppo di lavoro fotometrico. Sarà interessante condividere esperienze e procedure, al fine di ottimizzare il ritorno scientifico dal nostro Paese. Evidentemente, l’Italia è sempre ben rappresentata in ambito astronomico, e credo che anche in questo caso il contributo si farà sentire».

L’osservatorio Bellatrix dal 1997 osserva il cielo da Ceccano (FR)

E il Virtual Telescope avrà dei compiti specifici impartiti dalla Nasa a seguito delle osservazioni di Tess?

«In questa fase sto prendendo confidenza con le procedure previste: è infatti importante uniformarsi agli standard stabiliti, per produrre un lavoro davvero utile. Personalmente, intendo svolgere qualche test preliminare su oggetti già segnalati all’interno del programma e subito dopo inizierà la fase attiva vera e propria. In questo mi conforta la lunga tradizione scientifica del mio osservatorio e del progetto Virtual Telescope, in particolare in ambito fotometrico: in letteratura ci sono decine di stelle variabili cataclismiche (in primis, novae nane) che sono state caratterizzate grazie anche alle osservazioni effettuate con i miei strumenti, in certi casi le prime mai ottenute. Queste attività, iniziate nel lontano 1997 e ormai mature, hanno permesso di sviluppare un know-how che sarà senz’altro prezioso in questa nuova avventura».

Gianluca Masi a fianco a uno dei telescopi dell’osservatorio Bellatrix

Immagino che a Ceccano, in provincia di Frosinone, il cielo non sia dei migliori. Come è possibile dare un contributo a un progetto che richiede tanta precisione come quello della ricerca di esopianeti?

«A dire il vero, il cielo è migliore di quanto si potrebbe pensare. Questo perché da molti anni svolgo un attento e – non lo nego – faticoso lavoro di monitoraggio sul territorio per quanto riguarda la contaminazione del cielo notturno da parte della luce artificiale. L’osservatorio è nel Lazio, dove esiste una specifica legge regionale sull’inquinamento luminoso. Monitorando gli impianti di illuminazione, segnalando alle autorità competenti quelli non conformi e collaborando alla successiva messa a norma si contribuisce a salvaguardare il patrimonio culturale del cielo stellato, le possibilità di ricerca scientifica connesse e a ridurre gli sprechi energetici e le spese associate. A onor del vero, il Virtual Telescope ha precedenti importanti in fatto di pianeti extrasolari: il sottoscritto, infatti, è co-scopritore (2007) degli esopianeti Xo-2b e Xo-3b, i primi alla cui scoperta abbiano mai contribuito osservazioni condotte dal territorio italiano».

Quando ha montato il primo telescopio sul terrazzo di Ceccano, avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe arrivato a collaborare con la Nasa?

«Quando, nel lontano 1997, installai la prima postazione astronomica permanente, non pensavo a sviluppi di simili entità. Subito dopo, però, sono iniziate collaborazioni importanti, sono arrivate le prime scoperte (stelle variabili e asteroidi) e si è fatto largo il desiderio di poter adoperare gli strumenti sempre più spesso, al limite tutte le notti serene. Vivendo a Roma, a quasi 100 km di distanza dai telescopi, per poterlo fare ho dovuto ingegnarmi e rendere completamente fruibile da remoto l’intero osservatorio, riuscendovi nel 2006: così è nato il Virtual Telescope Project. Esso oggi dispone di due telescopi completamente robotici, capaci di lavorare autonomamente per molte notti di fila e in grado di trasmettere su web quanto riprendono, con l’aggiunta di un commento dal vivo. Questo secondo aspetto ha reso il Virtual Telescope una struttura di notevole prestigio internazionale per osservare in diretta web i più disparati fenomeni astronomici: a oggi, da inizio 2020, sono oltre tre milioni i “viaggiatori virtuali” che hanno seguito le nostre dirette. Ora questa avventura prosegue anche in questo nuovo ambito, con la speranza di dare un utile contributo».

Per saperne di più:

Leggi l’articolo originale su MEDIA INAF

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.