Rappresentazione artistica del fenomeno del microlensing nella sorgente Tcp J05074264+2447555. Crediti: A. Nucita

Se nella notte di Halloween non si fosse generosi di caramelle e dolciumi si rischierebbe di attirare le attenzioni di bricconcelli mascherati che, alle grida di “dolcetto o scherzetto”, ripagherebbero con varie monellerie. Nella notte del 31 ottobre 2017 ci aspettavamo l’arrivo di uno scherzetto, ma non avremmo mai immaginato di essere così felici nel riceverlo.

Come molte altre sere trascorse a scrutare il cielo, uno dei membri del nostro gruppo di ricerca, ovvero Domenico Licchelli, era intento a puntare il telescopio dell’Osservatorio R.P. Feynman (localizzato nell’area urbana di Gagliano del Capo, nel sud del Salento) verso la costellazione del Toro per l’osservazione mirata (follow-up come usiamo dire nel nostro gergo tecnico) della sorgente Tcp J05074264+2447555.

Se fino a poche settimane prima questa sorgente era del tutto anonima, l’interesse degli astronomi nei suoi confronti si era acceso insieme all’aumento improvviso della  sua luminosità. L’andamento della curva di luce della sorgente – ovvero la variazione nel tempo della luminosità osservata a Terra – aveva portato gli astronomi a considerare Tcp J05074264+2447555 come un possibile evento di micro lente gravitazionale (o microlensing). In quanto tale, la sorgente era per il nostro team (che da anni studia il fenomeno) molto interessante e tale da farci passare una notte insonne. A questo punto una parentesi è d’obbligo, almeno per coloro che hanno sentito parlare solo vagamente di questo effetto.

Cosa accadrebbe a un raggio di luce se passasse molto vicino ad un oggetto di grande massa? Risentirebbe della forza gravitazionale così come una mela che, a causa della forza di gravità della Terra, cade da un albero sino al suolo? Cosa vedrebbe un osservatore lontano? Nel 1911, mentre era ancora impegnato nello sviluppo della Teoria della relatività generale (che sarà poi pubblicata nel 1916), Einstein si era posto queste stesse domande (cosa tra l’altro già fatta da Sir Isaac Newton) ed effettuò il primo calcolo della deflessione della luce da parte del Sole. Egli osservò come un corpo massivo potesse agire da lente gravitazionale deviando la direzione di propagazione dei raggi luminosi radenti alla superficie dell’astro, ma il risultato numerico (circa 0,87 secondi d’arco) ottenuto per l’angolo di deflessione era sbagliato per un fattore due in quanto basato sulla fisica newtoniana.

Tralasciando i tecnicismi, egli giunse al risultato corretto (1,76 secondi d’arco) nel 1915 con un calcolo che teneva conto della sua nuova teoria della gravitazione. Il successo di Einstein venne decretato nel 1919, quando Sir Arthur Eddington misurò sperimentalmente l’angolo di deflessione di un raggio di luce durante un’eclisse solare: la teoria era in perfetto accordo con l’osservazione e Einstein aveva ragione.
Nel 1936, su insistenza di un ingegnere ceco, Rudi Mandl, Einstein pubblicò un articolo nella rivista Science in cui descriveva l’effetto di lente gravitazionale prodotto da una stella su un’altra (microlensing), lo sdoppiamento delle immagini della sorgente, la loro posizione e amplificazione. Inoltre, poiché la probabilità dell’occorrenza di un siffatto fenomeno era molto piccola, Einstein considerò l’effetto di lente gravitazionale un fenomeno oltremodo curioso e di poca utilità pratica. Ma, in questo caso, Einstein si sbagliava: come notato da Paczyński nel 1986 a proposito del microlensing, l’osservazione contemporanea di decine di milioni di stelle (ad esempio verso il centro galattico o la Grande Nube di Magellano) porta ad una probabilità non trascurabile di osservare degli eventi di lente gravitazionale. I grandi numeri sono dopo tutto importanti!

E questo ci porta alla prima peculiarità dell’evento classificato come Tcp J05074264+2447555. L’evento non è stato identificato in direzione di un agglomerato di stelle (come il centro  galattico o una qualche galassia esterna), ma in direzione della costellazione del Toro, ovvero esattamente verso l’anti-centro galattico. Qui la densità di stelle (che possono fungere da sorgente e/o da lente) è talmente bassa da rendere trascurabile la probabilità dell’occorrenza di un evento di microlente.

Nessuno di noi ci avrebbe mai scommesso, ma quella notte, a discapito di qualsiasi predizione, era in corso un evento di microlente. E noi potevamo dire che “c’eravamo”. Dallo studio delle caratteristiche della sorgente – il suo spettro e i suoi colori – è subito balzata ai nostri occhi una seconda peculiarità: la stella sorgente è un oggetto posto a solo 2.300-2.600 anni luce di distanza. Poiché un evento di microlensing ha la maggiore probabilità di essere osservato quando la lente si trova esattamente a metà strada tra l’osservatore e la sorgente, possiamo dedurre che la curva di luce di Tcp J05074264+2447555 è stata amplificata gravitazionalmente da una massa posta a circa 1.240 anni luce dalla Terra. Questo rende Tcp J05074264+2447555 l’evento di lente gravitazionale più vicino mai osservato sino ad oggi. Ma la sorpresa più interessante doveva ancora arrivare.

Durante l’analisi dei primi dati, la curva di luce della sorgente mostrava delle strutture sostanzialmente differenti rispetto a quanto ci si aspetta nel caso di una lente gravitazionale singola e più simili a quelle dovute alla presenza di un sistema binario di lenti.  Solitamente, queste  strutture sono più o meno complesse a seconda del rapporto delle masse costituenti e del semiasse maggiore del sistema. Eravamo quindi in presenza di un sistema binario, forse costituito da una stella e dal suo compagno planetario.

La modellizzazione della curva di luce di un evento binario (e la determinazione del migliore insieme dei parametri liberi che descrive i dati sperimentali) è però un’operazione complessa e laboriosa anche in termini di tempo di calcolo. Ma il tempo speso al calcolatore ad analizzare i dati e a testare diversi modelli teorici ci ha ben ripagato, visto che abbiamo dimostrato inequivocabilmente che Tcp J05074264+2447555 è un evento di lente gravitazionale dovuta ad un sistema binario di massa (totale) pari a circa 0,25 masse solari. Il sistema è costituito da una stella (probabilmente una nana bruna) intorno alla quale ruota un pianeta extrasolare con massa compresa nell’intervallo tra 3 e 16 masse terrestri.

La notte di Halloween ha così regalato al nostro team, che oltre a chi scrive e Licchelli ha visto coinvolti Francesco De Paolis, Gabriele Ingrosso, Francesco Strafella (tutti come me in forza all’Università del Salento e associati Infn e Inaf), insieme ai colleghi russi Natalia Katysheva e Sergei Shugarov dell’Istituto astronomico Sternberg di Mosca, la più vicina super-Terra mai osservata tramite la tecnica della lente gravitazionale. Il pianeta appena scoperto è stato da noi battezzato Feynman-01, in onore del famoso fisico e premio Nobel R.P.Feynman.

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(*) L’autore di questo articolo, Achille Nucita, è ricercatore all’Università del Salento, nonché associato Inaf e Infn