Tre dei quattro archi prodotti dalla lente gravitazionale sono visibili in alto a destra dell’immagine, il quarto arco in basso a sinistra, parzialmente oscurato da una stella luminosa in primo piano. Crediti: Esa/Hubble, Nasa, Rivera-Thorsen et al.

In quel luna park delle meraviglie che è il cosmo, una fra le attrazioni più spettacolari è offerta dalle lenti gravitazionali. Un po’ come gli specchi deformanti dei nostri parchi dei divertimenti ci ingrassano o ci snelliscono, ci elevano o ci schiacciano, a seconda della curvatura, le lenti gravitazionali – un effetto previsto dalla Relatività generale di Einstein – distorcono, amplificano e moltiplicano ciò che sta alle loro spalle. Ecco così che la luce di una remota galassia, altrimenti troppo fioca per essere vista, è stata “spalmata” da una lente gravitazionale su almeno quattro archi di cerchio (vedi immagine qui a fianco), lungo i quali appare riprodotta in ben 12 repliche da 10 a 30 volte più luminose dell’originale.

La galassia – nome in codice Psz1 G311.65-18.48, ma soprannominata Sunburst Arc (arco a raggiera) per la sua caratteristica forma distorta – si trova a 11 miliardi di anni luce da noi. E proprio grazie alla deviazione impressa alla traiettoria dei suoi fotoni dalla lente gravitazionale – in questo caso, un enorme ammasso di galassie posizionato esattamente lungo la linea di vista, a 4.6 miliardi di anni luce dalla Terra – la sua luce è diventata abbastanza intensa da poter essere vista dal telescopio spaziale Hubble.

Ma c’è di più. Stirata e intensificata lungo gli archi, la galassia ha rivelato all’occhio di Hubble dettagli con dimensioni di “appena” 520 anni luce. Può sembrare un’estensione enorme, ma trattandosi di un oggetto a 11 miliardi di anni luce dalla Terra, quella ottenuta è in realtà una risoluzione pazzesca.

Una risoluzione elevata al punto da consentire agli astronomi di intravedere tracce di un processo da tempo ipotizzato ma mai prima d’ora osservato: la fuoriuscita dalle prime galassie di fotoni ad alta energia attraverso una sorta di stretti canali di passaggio “scavati” nel gas non ancora ionizzato. Se confermata, si tratterebbe di una scoperta fondamentale per contribuire a risolvere uno fra i più grandi interrogativi sull’universo primordiale, ovvero i meccanismi all’origine della reionizzazione – l’epoca di transizione da un universo opaco, saturo di gas neutro, all’universo ionizzato e dunque trasparente che conosciamo oggi. La presenza dei canali intravisti da Hubble grazie alla lente gravitazionale spiegherebbe appunto, anche se solo in parte, come la radiazione ad alta energia – responsabile della ionizzazione del mezzo intergalattico – sia riuscita a uscire dalle prime galassie.

Guarda sul sito di Hubble dell’Esa l’animazione sul lensing gravitazionale: