Crediti animazione: Southwest Research Institute

L’infanzia del nostro pianeta potrebbe essere stata assai più turbolenta di quanto avessimo mai immaginato. Secondo un articolo appena pubblicato su Nature Geoscience, e firmato dai ricercatori del Southwest Research Institute, corpi celesti di dimensioni ragguardevoli avrebbero contribuito ad accrescere la massa della Terra durante una serie di violenti impatti in tutto il periodo seguente alla formazione della Luna. Ben più di quanto previsto dalle precedenti teorie.

Sapevamo già che, all’inizio della sua evoluzione, il pianeta che abitiamo ha dovuto fare i conti con un grande oggetto celeste. Da un terribile impatto ha avuto origine il nostro satellite naturale: la Luna, figlia dei detriti espulsi da una giovane Terra. A questo evento sarebbe poi seguito un lungo periodo di “bombardamenti spaziali” che hanno arricchito di nuovo materiale il pianeta.

«Abbiamo elaborato un modello che tenesse conto dei processi di assorbimento di metalli e silicati nel mantello terrestre, come della lunga serie di impatti fra Terra e planetesimi (i corpi rocciosi coinvolti nella formazione di pianeti, asteroidi e lune del Sistema solare, ndr) durato centinaia di milioni di anni a seguito del grande impatto che ha dato origine alla Luna», spiega il  primo autore dello studio, Simone Marchi, astrofisico originario di Lucca, con laurea e dottorato conseguiti a Pisa, attualmente ricercatore al Southwest Research Institute di Boulder (Colorado, Stati Uniti). «Secondo le nostre simulazioni, il contributo di questo costante martellìo celeste ha contribuito ad accrescere la massa del giovane pianeta ben più di quanto precedentemente ipotizzato».

Se fino a ieri gli scienziati hanno stimato un “contributo alieno” pari allo 0,5 per cento del totale della massa terrestre, oggi forse è necessario ritoccare questo numero in una cifra dalle due alle cinque volte maggiore.

Secondo il nuovo studio, gli elementi altamente siderofili (oro, platino, iridio) provenienti dalla lunga serie impatti che si è protratta nel tempo sarebbe insomma molto maggiore del previsto. «Un’ipotesi che ci aiuterebbe a spiegare quelle anomalie isotopiche che spesso i geologi hanno riscontrato in antichi campioni di roccia terrestre come la komatiite, una roccia vulcanica», incalza Robin Canup, coautore dello studio. «Se per esempio alcune di queste rocce si fossero formate molto tempo dopo l’impatto che ha dato origine alla Luna, durante la serie di impatti dei planetesimi, avremmo trovato una quadratura del cerchio».

Per saperne di più: