Grazie alla recente scoperta di una coppia di pianeti gemelli, gli astronomi forse possono finalmente dare una spiegazione all’esistenza dei giganti gassosi. Le loro dimensioni non sarebbero altro che la reazione speculare all’espansione della loro stella ospite
Da quando gli astronomi sono riusciti a misurare per la prima volta le dimensioni di un pianeta extrasolare, c’è una domanda che rosicchia come un tarlo la mente degli scienziati: perché i pianeti più grandi sono diventati così grandi? Scusate il gioco di parole. Che cosa spinge un pianeta come Giove a raggiungere dimensioni tanto ragguardevoli se messe a confronto con un piccolo pianeta roccioso come quello che abitiamo?
Grazie alla recente scoperta di una coppia di pianeti “gemelli” da parte di un gruppo di astronomi della University of Hawaii e guidato da Samuel Grunblatt, oggi forse siamo un passo più vicini alla risposta a questo mistero.
Per quel che ne sappiamo i giganti gassosi sono pianeti composti principalmente da idrogeno ed elio, con un diametro almeno quattro volte superiore a quello della Terra. La classe di pianeti extrasolari conosciuta con il nome di “gioviani caldi” è composta da questo genere di oggetti: hanno una massa paragonabile a quella dei nostri Giove e Saturno, ma tendono ad avere un volume molto più grande di quello dei giganti del Sistema solare. E alcuni, anzi, si avvicinano pericolosamente alle dimensioni di una piccola stella.
Le dimensioni insolite dei gioviani caldi sono da attribuirsi probabilmente al calore che scorre dentro e fuori le loro atmosfere. Tuttavia, dal momento che non abbiamo milioni di anni a disposizione per vedere come effettivamente siano andate e vadano questo genere di cose, è difficile sbilanciarsi su una teoria piuttosto che un’altra.
Per provare a risolvere il problema, Grunblatt e compagni hanno frugato fra i dati raccolti dalla missione Nasa K2, individuando una coppia di pianeti “gemelli” nell’orbita di due stelle lontane. Stesso periodo orbitale, stesso raggio e massa paragonabile. Sfruttando le oscillazioni di ciascuna stella per calcolare con precisione il raggio dei corpi, si è scoperto che i “gemelli” presentano un diametro di circa il 30 per cento maggiore al nostro Giove. Sebbene altri dati raccolti dall’osservatorio W.M. Keck di Maunakea mostrassero che la loro massa era di gran lunga inferiore (circa la metà).
Utilizzando modelli a computer per tracciare l’evoluzione di entrambi i sistemi planetari nel tempo, gli astronomi della University of Hawaii Institute for Astronomy hanno raggiunto la conclusione che i pianeti gassosi si espandano mano a mano che la loro stella ospite aumenta in volume, irradiando maggiormente i pianeti del sistema. Secondo Grunblatt, insomma, l’energia proveniente dalla stella viene trasferita alla superficie del pianeta, viene assorbita al suo interno, e innesca un profondo rimescolio degli elementi che ne compongono l’atmosfera. Risultato: il pianeta si gonfia come un palloncino.
Qualcosa del genere potrebbe replicarsi nel nostro Sistema solare. Quando, al termine della sua vita, il Sole si evolverà in una gigante rossa.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astronomical Journal l’articolo “Seeing double with K2: Testing re-inflation with two remarkably similar planets around red giant branch stars“, di Samuel K. Grunblatt, Daniel Huber, Eric Gaidos, Eric Lopez, Andrew Howard, Howard Isaacson, Evan Sinukoff, Andrew Vanderburg, Larissa Nofi, Jie Yu, Thomas S. H. North, William Chaplin, Daniel Foreman-Mackey, Erik Petigura, Megan Ansdell, Lauren Weiss, Benjamin Fulton e Douglas N.C. Lin
Source: Gioviani caldi: gonfi d’invidia? | MEDIA INAF