Non solo acqua liquida, ma vere e proprie mega alluvioni hanno segnato il passato di Marte. Le prove sono state individuate nel cratere Gale, il sito di esplorazione del rover Curiosity, e a causarle sarebbe stato un impatto meteoritico in grado di cambiare radicalmente – e per un breve periodo – le condizioni climatiche sul Pianeta rosso. Tutti i dettagli su Scientific Reports
Inondazioni di portata inimmaginabile un tempo si riversarono nel cratere Gale vicino all’equatore di Marte: questa la recente scoperta di uno team di scienziati della Jackson State University, del Jet Propulsion Laboratory e dell’Università delle Hawaii grazie ai dati raccolti dal rover Curiosity della Nasa. Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports.
L’impetuoso evento – datato circa 4 miliardi di anni fa, durante il periodo Noachiano, e causato probabilmente dal calore rilasciato da un impatto meteoritico che ha sciolto il ghiaccio immagazzinato nella superficie marziana – ha creato gigantesche increspature riconoscibili e incredibilmente analoghe alle strutture geologiche terrestri.
«Abbiamo identificato per la prima volta queste alluvioni utilizzando dati sedimentologici dettagliati osservati dal rover Curiosity», dice Alberto G. Fairén, del centro di astrobiologia Csis-Inta di Madrid. I depositi lasciati dalle mega alluvioni sono stati individuati grazie alle immagini provenienti dall’High Resolution Imaging Science Experiment (Hirise), dalle fotocamere montate sull’albero (Mastcams) e dalla fotocamera Mars Hand Lens Imager (Mahli) montata sul braccio del rover Curiosity.
Prove delle passate inondazioni catastrofiche su Marte erano già state dedotte dalle immagini scattate in orbita che mostravano la presenza di grandi canali e caratteristiche ondulazioni, mentre la prima conferma in situ era stata effettuata esaminando i depositi sedimentari nel sito di atterraggio di Mars Pathfinder: dalle caratteristiche sedimentologiche e dalla loro posizione – prossima alla foce dell’Ares e delle vallate di Tiu – gli scienziati avevano concluso che questi massi di dimensione variabile erano stati depositati in seguito a inondazioni e trasportati attraverso canali di deflusso.
Le successive due indagini decennali del rover Spirit e del rover Opportunity e le osservazioni in corso del rover Curiosity nel cratere di Gale hanno finalmente portato alla luce prove geologiche di sedimentazione da processi eoliani, fluviali, deltaici e lacustri, ma prima di questo studio i depositi alluvionali non erano ancora stati individuati.
Il terreno di gioco di Curiosity – il rover, ricordiamolo, è atterrato all’interno del cratere di Gale nell’agosto 2012 – si trova vicino all’equatore marziano (latitudine 5.3° S, longitudine 137.7° E), lungo il confine che separa gli altipiani meridionali dalle pianure settentrionali. Dopo la sua formazione, il cratere fu completamente riempito di sedimenti. I suoi margini sono stati successivamente scavati portando alla nascita del Monte Sharp, al centro, e alla comparsa della sua morfologia moderna. È la sua particolare storia geologica – che ha portato alla luce ampie esposizioni di rocce sedimentarie – a renderlo un ideale luogo per studiare l’evoluzione di Marte sin dai suoi primi anni di vita.
Nel nuovo studio, la firma inequivocabile delle inondazioni è data da una serie di creste di ghiaia simmetriche, alte una decina di metri, visibili nelle cosiddette Hummocky Plains Unit – regioni caratterizzate da depositi di sabbia e massi fino a 20 cm di diametro. La loro spaziatura regolare, le strutture sedimentarie interne e il trasporto di frammenti grandi fino a 20 cm suggeriscono – secondo gli scienziati – che queste creste siano in realtà delle “antidune”: un tipo di struttura sedimentaria che si forma per effetto del transito di flussi molto forti. Inoltre, la loro “lunghezza d’onda” di 150 metri indica che l’acqua che le ha depositate era profonda almeno 24 metri e aveva una velocità minima di 10 metri al secondo. Le dune formate dal flusso della mega alluvione sul fondo del cratere Gale di Marte sono identiche a quelle formatesi con lo scioglimento dei ghiacci sulla Terra circa 2 milioni di anni fa.
La causa più probabile dell’inondazione di Marte – la cui temperatura media attuale è di meno 60 °C – è stata lo scioglimento del ghiaccio a causa del calore generato da un grande impatto, che ha vaporizzato i serbatoi congelati di acqua iniettando grandi quantità di anidride carbonica e metano nell’atmosfera. Il vapore acqueo e il rilascio di gas si sono quindi combinati per interrompere temporaneamente il clima freddo e secco del pianeta creando le condizioni per l’avvento di un breve periodo caldo e umido. La condensa ha formato delle nuvole di vapore acqueo, che a loro volta hanno dato vita alle piogge torrenziali – verosimilmente su tutto il pianeta. L’acqua caduta nel Cratere di Gale, si è sommata all’acqua che scendeva originandosi dal Monte Sharp – un tumulo a forma di mezzaluna nel centro del cratere e costituito da 5 km di rocce sedimentarie – producendo gigantesche e rapidissime inondazioni e depositando le creste di ghiaia osservate da Curiosity nelle Hummocky Plains Unit. Le inondazioni sul Pianeta rosso sono poi diminuite rapidamente, erodendo le creste delle antidune, e ridepositando i sedimenti rimossi nelle aree di passaggio tra le creste, le cosiddette unità striate – ciascuna di dimensioni tipiche di 50-200 m rispettivamente in larghezza e lunghezza e costituita di 5-10 m di strati di immersione verso sud.
Grazie a questo studio, il team scientifico del rover Curiosity ha stabilito che il cratere di Gale, in passato, aveva laghi e torrenti persistenti, buoni indicatori del fatto che il cratere, così come il Monte Sharp al suo interno, erano in grado di sostenere la vita microbica. All’inizio Marte era un pianeta estremamente attivo dal punto di vista geologico, e certamente ospitava le condizioni necessarie per sostenere la presenza di acqua liquida in superficie.
«Sulla Terra, dove c’è acqua, c’è vita. Marte era dunque un pianeta abitabile», conclude Fairen. «Era abitato? Questa è una domanda a cui il prossimo rover Perseverance – lanciato da Cape Canaveral lo scorso 30 luglio, e che dovrebbe raggiungere Marte il 18 febbraio 2021 – ci aiuterà a rispondere».
Per saperne di più:
- Leggi su Scientific Reports l’articolo “Deposits from giant floods in Gale crater and their implications for the climate of early Mars”, di E. Heydari, J. F. Schroeder, F. J. Calef, J. Van Beek, S. K. Rowland, T. J. Parker e A. G. Fairén
Leggi l’articolo originale su MEDIA INAF