Hayabusa-2, la “bisaccia” è piena

La Jaxa conferma l’avvenuta raccolta dei campioni e fa sapere che il gas presente nella capsula di rientro è esso stesso prodotto dal materiale collezionato sull’asteroide Ryugu: il primo campione allo stato gassoso proveniente dallo spazio profondo mai portato sulla Terra. Ne parliamo con Ernesto Palomba, ricercatore all’Inaf Iaps di Roma e membro del team di Hayabusa-2

La struttura della capsula della missione Hayabusa-2 contenente frammenti di Ryugu. Crediti: Jaxa

Al Sagamihara Campus Research della Jaxa si festeggia. Il motivo lo si legge nel tweet di ieri, 14 dicembre 2020, con il quale l’agenzia spaziale nipponica conferma la presenza della polvere dell’asteroide Ryugu nella capsula lanciata a terra da Hayabusa-2 lo scorso 5 dicembre: “Il contenitore porta-campioni della capsula è stato aperto, e possiamo confermare che contiene al suo interno grani neri che pensiamo siano di Ryugu”. Gli scienziati hanno osservato il prezioso materiale ancora prima di guardare dentro le tre camere di raccolta dei campioni vere e proprie, intrappolato nel sample container – il contenitore porta-campioni, appunto. Insomma, Hayabusa-2 ce l’ha fatta, ha catturato la sua preda. Una bella notizia alla quale si aggiungono i risultati dell’analisi del gas raccolto nella capsula, la spettrometria di massa eseguita il 7 dicembre presso la Quick Look Facility di Woomera, in Australia, e ripetuta nell’Extraterrestrial Sample Curation Center della Jaxa, sempre al Sagamihara Campus. Non c’è dubbio, spiegano gli scienziati: il gas proviene dal degassamento di composti semi-volatili presenti su Ryugu.

Le analisi dei gas effettuate nei due centri hanno dato lo stesso risultato. Il gas ha composizione diversa da quella dell’atmosfera terrestre, cosa che l’integrità della capsula – perfettamente chiusa da un sigillo in alluminio, così come è stata progettata per impedire l’inclusione dell’atmosfera terrestre – già suggeriva. Si tratta, fra l’altro, del primo campione allo stato gassoso proveniente dallo spazio profondo mai riportato a terra in tutta la storia dell’esplorazione spaziale. L’initial analysis team condurrà ora un’analisi dettagliata della composizione molecolare e isotopica del gas raccolto.

Non passa molto e, sempre con un tweet firmato Hayabusa2@Jaxa, arriva la conferma definitiva: nella camera portacampioni A – indicata nello schema della capsula mostrato in alto come chamber A, e visibile nella realtà nel tweet qui in basso – ci sono molte particelle. Dovrebbero essere quelle raccolte durante il primo touchdown.

«È un’emozione incredibile vedere per la prima volta i granelli raccolti dall’asteroide», dice a Media Inaf Ernesto Palomba, ricercatore all’Inaf Iaps di Roma e membro del team di Hayabusa-2. «Ma forse la cosa più importante è che di materiale raccolto nel primo touchdown ce n’è veramente tanto, forse addirittura cento volte di più di quanto ci aspettavamo. Dall’immagine si vedono diversi granelli di qualche millimetro di diametro, più molti altri più piccoli. Facendo una stima grossolana, direi che almeno qualche grammo è stato raccolto dalla cameretta A».

«L’elemento straordinario di Hayabusa 2», continua Palomba, «è la struttura del sample catcher (compartimento porta campioni), suddiviso in tre camerette (A,B e C). Questo, insieme a una incredibile perizia nella navigazione spaziale, ha permesso alla sonda di raccogliere campioni di due zone diverse dell’asteroide, per poi conservali in compatimenti separati (appunto le diverse camerette). Durante lo svolgimento della missione si è deciso di non procedere con il terzo touchdown, per evitare degli ulteriori rischi connessi all’estremo avvicinamento alla superficie necessario a raccogliere materiale. Il curation and initial analysis team rimuoverà nelle prossimi giorni tutto il campione e procederà con l’analisi».

Leggi l’articolo originale su MEDIA INAF.

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