Spostandosi in senso orario dal riquadro in alto a sinistra, la simulazione mostra come le bolle attorno a una stella massiccia si evolvano nel corso di milioni di anni. Crediti: V. Dwarkadas e D. Rosenberg. Traduzione di Media Inaf

Mentre sull’età del Sistema solare ci sono stime assai condivise, sull’ambiente dal quale si è formato le ipotesi sono assai più incerte. Detto altrimenti, non è ben chiaro da che cosa abbiano avuto origine il Sole e tutti gli oggetti che gli girano attorno, compreso il nostro pianeta. Una fra le strade più battute per tentare di scoprirlo è l’analisi isotopica delle meteoriti, e in particolare di alcune meteoriti – quelle più antiche, risalenti agli albori, appunto, del Sistema solare.  Ebbene, una “firma” individuata in alcune di esse sembra suggerire che, a darci i natali, non siano stati i dintorni di una supernova, come ritenuto da molti scienziati, bensì il guscio d’una bolla che avvolgeva una stella gigante giunta al termine del proprio percorso evolutivo.

La “firma” che ha fatto sorgere questo sospetto, spiega un articolo pubblicato la settimana prima di Natale su The Astrophysical Journal, è una firma chimica. Una doppia anomalia. Da una parte, una relativa carenza di ferro-60, un isotopo del ferro sintetizzato, appunto, durante le esplosioni di supernova. Dall’altra, un’insolita abbondanza di alluminio-26. Due deviazioni dalla norma rispetto a quello che si riscontra nel resto della galassia. Insomma, due indizi potenzialmente significativi.

Ma significativi in che senso? Dov’è che può formarsi un ambiente ricco di materia al punto da dare origine a un sistema planetario come il nostro e, al tempo stesso, con caratteristiche chimiche compatibili con quelle appena illustrate? Secondo gli astrofisici dell’Università di Chicago che hanno firmato lo studio, guidati da Vikram Dwarkadas, un ambiente simile lo si può trovare ai confini di una bolla formata dalla materia espulsa da una stella di Wolf-Rayet – un tipo di stelle giganti, che possono raggiungere agevolmente dimensioni pari a 40-50 volte quelle del Sole, che rilasciano grandi quantità di alluminio-26 e niente ferro-60.

Simulazione dell’espansione della bolla. Crediti: V. Dwarkadas / D. Rosenberg

«Il guscio di una bolla siffatta è un buon posto per dare origine a stelle», dice uno dei coautori dello studio, Nicolas Dauphas, spiegando come polvere e gas, intrappolati all’interno di questo guscio, possano facilmente finire per addensarsi. E stimando che simili vivai stellari siano all’origine di una quota che va dall’1 al 16 per cento di tutte le stelle simili al Sole.

«L’idea è che l’alluminio-26 espulso dalla Wolf-Rayet sia trasportato verso l’esterno con i granelli di polvere formati attorno alla stella. Questi granelli hanno slancio a sufficienza da arrivare a colpire la parete interna del guscio che avvolge il sistema, venendo per lo più distrutti e lasciando l’alluminio intrappolato nel guscio stesso», propone Dwarkadas, illustrando la simulazione alla base dello studio. Alla fine, collassando verso l’interno per azione della gravità, parte del guscio dell’ormai esaurita stella di Wolf-Rayet avrebbe così dato origine al nostro Sistema solare.

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