Nel cuore dell’esopianeta Toi-561 b – una super-Terra con temperatura in superficie superiore ai duemila gradi – pare ci sia acqua ghiacciata ad alta pressione. Lo suggerisce uno studio guidato da Gaia Lacedelli, dottoranda all’Università di Padova, condotto con lo spettrometro Harps-N del Telescopio nazionale Galileo dell’Inaf
Diversità è l’aggettivo che meglio riassume quanto abbiamo imparato finora sui pianeti extrasolari: gli esopianeti e i sistemi esoplanetari sono molto diversi tra loro e molto diversi da quanto osserviamo nel Sistema solare. La recente scoperta sugli esopianeti del gruppo di ricerca del Dipartimento di fisica e astronomia (Dfa) dell’Università di Padova, coadiuvato da diversi membri dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e vari collaboratori internazionali, non potrebbe meglio riassumere questo fatto: un sistema planetario con quattro esopianeti, uno di massa e raggio un po’ più grandi di quelli della Terra, ma con un’orbita che lo porta a fare un giro completo attorno alla propria stella in soli 0.44 giorni, e altri tre con masse e raggi più piccoli di quelli di Nettuno, con il più esterno che ha comunque un’orbita interna a quella di Mercurio.
Il pianeta più interno orbita così vicino alla sua stella da essere inondato da un flusso di energia pari a più di cinquemila volte quello che la Terra riceve dal Sole. Ci aspetteremmo quindi un mondo incandescente, completamente ricoperto da roccia liquida, con piogge di metallo e atmosfera quasi assente perché in gran parte evaporata: a rendere la scoperta del gruppo padovano ancora più straordinaria e affascinante è invece che Toi-561 b – questo il nome del pianeta – è più “leggero” del previsto, e potrebbe contenere al suo interno una non trascurabile quantità di acqua sotto forma di ghiaccio ad alta pressione. Allo stesso modo, in base ai risultati del lavoro, strati di quest’acqua “ghiacciata” sono verosimilmente attesi anche all’interno dei tre rimanenti pianeti.
Toi-561 è una stella di massa poco più piccola del Sole, ma molto vecchia (circa 10 miliardi di anni, il doppio del Sole), nata quindi non molto dopo la formazione dell’universo. È stata osservata per 27 giorni consecutivi nel febbraio 2019 dal satellite Tess, lanciato dalla Nasa nel 2018 per cercare quelle piccole variazioni di luminosità delle stelle – chiamate transiti dagli astronomi – che un pianeta provoca quando passa di fronte alla stella attorno a cui orbita, ovvero appunto quando transita.
In aggiunta al gran numero di transiti dovuti al pianeta con periodo di 0.44 giorni, Tess ha osservato altri quattro transiti di fronte a Toi-561, inizialmente attribuiti a due candidati pianeti, ognuno dei quali transitante due volte.
«Il sistema di esopianeti attorno a Toi-561 attirò subito la nostra attenzione per la sua particolarità», ricorda Gaia Lacedelli, dottoranda al Dfa e prima autrice dell’articolo. «Stavamo cercando di confermare la presenza dei pianeti con lo spettrografo Harps-N del Telescopio nazionale Galileo, quando abbiamo capito che qualcosa non tornava».
Un transito infatti non fa un esopianeta: ci sono molte cose che possono generare osservazioni simili a un transito senza che ci sia alcun esopianeta. L’unico modo per essere sicuri della presenza di un pianeta è quello di misurare la sua massa, osservando la piccola variazione del movimento della stella causato dal pianeta che le orbita attorno, tramite una tecnica chiamata “velocità radiale”. Harps-N è uno fra i migliori strumenti al mondo per ottenere tali misure.
«Cercavamo i tre esopianeti proposti da Tess», continua Gaia Lacedelli, «ma non riuscivamo proprio a individuare uno di essi. Anzi, Harps-N suggeriva che ci fossero addirittura quattro pianeti, ma due di essi non erano tra quelli che aveva individuato Tess».
Ci sono volute ben 82 misure di velocità radiale di Toi-561 per capire che il sistema era ben più complesso e affascinante di quanto si pensasse all’inizio del lavoro.
«Alla fine abbiamo realizzato che i transiti visti da Tess erano dovuti a quattro esopianeti distinti», spiega Luca Malavolta, ricercatore del Dfa e membro del team. «Mettendo assieme le osservazioni di Tess e di Harps-N siamo riusciti a misurare sia il raggio che la massa di tutti i pianeti presenti nel sistema. Grazie a queste misure abbiamo quindi potuto derivare la loro densità media e formulare varie ipotesi sulla loro struttura e composizione».
Sono noti al momento 88 sistemi esoplanetari che ospitano almeno quattro pianeti, ma sono pochissimi quelli per cui si è potuto misurare la massa e il raggio dei singoli componenti. Tra di essi, poi, solamente una manciata includono un pianeta con periodo inferiore a un giorno, ed è questo che rende il lavoro eccezionale e particolarmente importante. «Anche perché il pianeta più interno secondo i nostri modelli in pratica non dovrebbe nemmeno esistere!», osserva Lacedelli «Presumibilmente, esso si è formato molto più lontano dalla stella ed è successivamente migrato all’interno, fino a collocarsi dove si trova attualmente».
«Sulla superficie di Toi-561 b la temperatura è di circa 2260 °C: un vero inferno, se confrontato con i 15 °C di temperatura che abbiamo in media qui sulla Terra. Non ci sono analoghi nel Sistema solare – dove il pianeta più caldo è Venere, con una media di circa 460 °C – ma ci sono diverse decine di esopianeti su cui sono attese temperature così alte. Per nessuno di esso è però previsto un “cuore di ghiaccio” come quello che ci si attende per Toi-561 b, cosa che rende il pianeta unico nel suo genere», sottolinea Luca Borsato, ricercatore all’Inaf di Padova e membro del team. «Il sistema ha risvegliato l’interesse della comunità astronomica internazionale: a partire da dicembre 2020 la stella verrà osservata anche dal satellite Cheops, che ci aiuterà a migliorare la stima del raggio dei quattro pianeti del sistema. Tale stima, combinata con le nuove osservazioni Harps-N previste per il prossimo semestre, ci permetterà di mappare con più precisione la loro struttura interna, con particolare attenzione a Toi-561 b, per il quale si cercheranno anche indizi di una possibile labile atmosfera».
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “An unusually low density ultra-short period super-Earth and three mini-Neptunes around the old star TOI-561”, di G. Lacedelli, L. Malavolta, L. Borsato, G. Piotto, D. Nardiello, A. Mortier, M. Stalport, A. Collier Cameron, E. Poretti, L. A. Buchhave, M. López-Morales, V. Nascimbeni, T. G. Wilson, S. Udry, D. W. Latham, A. S. Bonomo, M. Damasso, X. Dumusque, J. M. Jenkins, C. Lovis, K. Rice, D. Sasselov, J. N. Winn, G. Andreuzzi, R. Cosentino, D. Charbonneau, L. Di Fabrizio, A. F. Martinez Fiorenzano, A. Ghedina, A. Harutyunyan, F. Lienhard, G. Micela, E. Molinari, I. Pagano, F. Pepe, D. F. Phillips, M. Pinamonti, G. Ricker, G. Scandariato, A. Sozzetti e C. A. Watson
Leggi l’articolo originale su MEDIA INAF.