Pulizie in orbita

Mentre sulla rivista Advances in Space Research vengono pubblicate, da un gruppo di ricercatori della Bauman Moscow State Technical University, le linee guida per rimuovere i detriti spaziali, l’Esa firma un contratto da 86 milioni di euro con un team industriale guidato dalla start-up svizzera ClearSpace per iniziare a ripulire lo spazio già dal 2025

La cattura di Vespa da parte di ClearSpace-1. Crediti: ClearSpace SA

Uno specialista nel controllo del movimento di veicoli spaziali – una specie di Mr Wolf nel campo degli space debris (la spazzatura spaziale) – ha analizzato il processo di posizionamento di stadi di veicoli spaziali, booster e altri detriti nella cosiddetta orbita di smaltimento, e ha suggerito di pulire le orbite inferiori con un veicolo spaziale dotato di moduli con unità motrici a bordo. Questi moduli si attaccheranno ai detriti e li allontaneranno. Per quanto riguarda l’orbita geostazionaria, sarebbe auspicabile avere un veicolo spaziale in grado di trainarli fino all’orbita di smaltimento. La ricerca è stata condotta in collaborazione con un team della Bauman Moscow State Technical University e i suoi risultati sono stati pubblicati sulla rivista Advances in Space Research.

Oltre ai satelliti e alla Stazione spaziale internazionale, migliaia di veicoli spaziali fuori servizio, ripetitori e altri detriti spaziali si muovono lungo diverse orbite attorno alla Terra. A volte si scontrano, distruggendosi: nel 2018, ad esempio, sono comparsi oltre 1000 nuovi frammenti quando otto oggetti sono andati in pezzi sopra alle nostre teste. Più detriti rimangono nello spazio, maggiore è il rischio che danneggino i satelliti, lasciandoci senza sistemi di comunicazione e sorveglianza. Andrei Baranov dell’Università Rudn – insieme ai colleghi della Bauman Moscow State Technical University di Mosca Dmitry Grishko e Grigory Shcheglov – hanno studiato i parametri dei detriti spaziali in diverse orbite e hanno escogitato i modi più fattibili per eliminarli, ripulendo il cielo.

Analizzando i detriti in orbita, hanno riscontrato che 160 stadi di veicoli (da 1.1 a 9 tonnellate ciascuno) sono situati in orbite basse vicino alla Terra, cioè a un’altezza da 600 a 2000 chilometri. Per quanto riguarda l’orbita geostazionaria, all’altezza di 35786 chilometri, gli oggetti più potenzialmente pericolosi sono 87 booster ciascuno con un peso tra 3.2 e 3.4 tonnellate. Le dimensioni, il peso e i parametri di questi oggetti sono abbastanza diversi, quindi richiedono attrezzature diverse per raccoglierli e spostarli nella cosiddetta orbita di smaltimento.

Per ripulire le orbite vicine alla Terra, il team ha suggerito l’impiego di un veicolo collettore lungo 11.5 metri, con un diametro di 3 metri e un peso di poco più di 4 tonnellate. Un tale collettore può trasportare da 8 a 12 moduli motorizzati. Il movimento degli stadi di veicoli leggeri richiederà dai 50 ai 70 chili di carburante, mentre il trasporto di uno stadio Zenit-2 che pesa 9 tonnellate, circa 350 chili. Al lancio, il peso totale di un raccoglitore di veicoli spaziali dovrebbe essere compreso tra 8 e 12 tonnellate. I booster moderni possono facilmente portare un simile peso in qualsiasi orbita fino a 1000 chilometri di altezza. Nel momento in cui il collettore esaurisce i moduli, si attaccherà all’ultimo stadio di richiamo, si sposterà nello strato superiore dell’atmosfera insieme a esso e brucerà.

ClearSpace-1 cattura Vespa. Crediti: ClearSpace SA

Per quanto riguarda l’orbita geostazionaria, per ripulirla il team ha suggerito un veicolo spaziale lungo circa 3.4 metri, largo 2.1 metri e con un peso di circa 2 tonnellate. Secondo i loro calcoli, se caricato con moduli, un dispositivo del genere non sarebbe estremamente efficiente e ci vorrebbe un numero di collettori 3-4 volte maggiore per pulire l’orbita. Pertanto, in questo caso, il raccoglitore di detriti dovrebbe funzionare come un rimorchio per la spazzatura spaziale (una specie di carro attrezzi spaziale). I calcoli preliminari suggeriscono che potrebbe funzionare fino a 15 anni e trasferire da 40 a 45 detriti spaziali nell’orbita di smaltimento.

«Progettare un collettore di veicoli spaziali per orbite inferiori è un compito più complicato che crearne uno per l’orbita geostazionaria. Nella migliore delle ipotesi, un aereo sarebbe in grado di spostare solo 8-12 oggetti da orbite inferiori, mentre nell’orbita geostazionaria potrebbe trasportarne da 40 a 45. Pertanto, ripulire le orbite inferiori è molto più difficile. “Questo fattore dovrebbe essere preso in considerazione dalle imprese e dalle agenzie spaziali che pianificano di lanciare gruppi di centinaia o migliaia di satelliti in quest’area dello spazio vicino alla Terra“, avverte Andrei Baranov.

Se la teoria è stata brillantemente esposta dai russi, gli europei si accingono a passare alla pratica. L’Agenzia spaziale europea (Esa) ha infatti firmato un contratto da 86 milioni di euro con un team industriale guidato dalla start-up svizzera ClearSpace Sa per l’acquisto di un servizio simile. Il team include aziende di diversi paesi europei, e i contributi proverranno da imprese in Svizzera, Repubblica Ceca, Germania, Svezia, Polonia, Regno Unito, Portogallo e Romania.

Nel 2025, lo spin-off lancerà la prima missione di rimozione dei detriti – ClearSpace-1 – che catturerà e distruggerà la parte superiore di un Vespa (Vega Secondary Payload Adapter) utilizzato con il lanciatore europeo Vega. Questo oggetto è stato lasciato in un’orbita di smaltimento a circa 800 chilometri di quota, in conformità con le norme di mitigazione dei detriti spaziali, a seguito del secondo volo di Vega, nel 2013.

Oltre all’acquisto di questo servizio, Esa fornirà anche tecnologie chiave per il volo, sviluppate nell’ambito del programma Clean Space dell’agenzia attraverso il progetto Adrios (Active Debris Removal/ In-Orbit Servicing). Queste tecnologie includono sistemi avanzati di guida, navigazione e controllo e intelligenza artificiale basata sulla visione, che consentono al satellite inseguitore di avvicinarsi in sicurezza al bersaglio autonomamente, e usare bracci robotici per riuscire a catturarlo.

La parte superiore di un Vespa. Crediti: ESA/CNES/Arianespace/Optique Video du CSG

Con una massa di 112 chili, l’obiettivo Vespa di ClearSpace-1 è di dimensioni simili a un piccolo satellite, mentre la sua forma relativamente semplice e la costruzione robusta lo rendono un primo obiettivo particolarmente adatto al test, prima di passare a catture bersagli più grandi e più impegnativi.

La missione ClearSpace-1 verrà inizialmente lanciata in un’orbita inferiore di 500 chilometri, per la messa in servizio e i test, prima di essere portata all’orbita di destinazione per il rendezvous e la cattura utilizzando un quartetto di braccia robotiche, volando sotto la supervisione di Esa. Una volta raccolto il detrito, brucerà in atmosfera insieme all’inseguitore.

Luc Piguet, fondatore e Ceo di ClearSpace, commenta: «A velocità orbitali, anche una vite può colpire con forza esplosiva, per la quale non può essere prevista una protezione da parte dei progettisti della missione. La minaccia deve essere gestita attraverso la rimozione attiva dei detriti. Il nostro “carro attrezzi” sarà disponibile per pulire le orbite fondamentali dai detriti che altrimenti potrebbero renderle inutilizzabili per missioni future, eliminando i rischi crescenti e le responsabilità dei loro proprietari, e avvantaggiando l’industria spaziale nel suo complesso. Il nostro obiettivo è creare servizi in orbita convenienti e sostenibili».

Luisa Innocenti, capo del Clean Space Office dell’Esa, aggiunge: «Il piano è che questa acquisizione pionieristica costituisca la base di un servizio aziendale ricorrente, non solo per la rimozione dei detriti da parte di attori spaziali responsabili in tutto il mondo, ma anche per l’assistenza in orbita: queste stesse tecnologie consentiranno anche il rifornimento in orbita e la manutenzione dei satelliti, allungandone la vita lavorativa. Alla fine, prevediamo che questa tendenza si estenda all’assemblaggio, alla produzione e al riciclaggio in orbita».

Sta per iniziare un nuovo business… quello del “soccorso spaziale”.

Per saperne di più:

Leggi l’articolo originale su MEDIA INAF.

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