Dal confronto dei dati sismici delle missioni Apollo e delle immagini del Lunar Reconnaissance Orbiter della Nasa, sembrerebbe che la Luna sia ancora tettonicamente attiva. Alcuni dei sismi registrati potrebbero infatti essere derivati da una vera e propria attività tettonica lungo le faglie chiaramente visibili nelle immagini del satellite
Un’analisi del 2010 delle immagini del Lunar Reconnaissance Orbiter (Lro) della Nasa ha rivelato che mentre la Luna, raffreddandosi, si raggrinziva come uva passa, sulla sua superficie sono rimasti i segni di questi cambiamenti sotto forma di migliaia di faglie tettoniche.
La nuova analisi suggerisce che la Luna potrebbe ridursi ancora oggi e che lungo queste faglie tettoniche potrebbero generarsi lunamoti. Un team di ricercatori, tra cui Nicholas Schmerr, geologo dell’Università del Maryland, ha ideato un nuovo algoritmo per analizzare nuovamente i dati sismici provenienti dagli strumenti installati sulla Luna dalle missioni Apollo della Nasa, negli anni ’60 e ’70. La nuova analisi ha fornito valori più accurati della posizione dell’epicentro di 28 sismi lunari registrati dal 1969 al 1977.
Il team ha quindi sovrapposto queste posizioni alle immagini di Lro delle faglie tettoniche. Dalla vicinanza dei lunamoti alle faglie, i ricercatori hanno dedotto che almeno otto sismi derivano probabilmente da una vera e propria attività tettonica lungo le faglie, piuttosto che da impatti con asteroidi o attività che avvengono nelle profondità della Luna.
Sebbene gli strumenti delle missioni Apollo abbiano registrato il loro ultimo lunamoto poco prima di essere mandati in pensione nel 1977, i ricercatori suggeriscono che la Luna probabilmente è tuttora soggetta a sismi. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature Geoscience.
«Abbiamo scoperto che un certo numero di sismi registrati nei dati delle missioni Apollo è accaduto molto vicino alle faglie osservate nelle immagini di Lro», spiega Schmerr, sottolineando che le immagini di Lro mostrano evidenze fisiche di recenti movimenti geologici, come frane e massi caduti. «È abbastanza probabile che le faglie siano attive ancora oggi. Non capita spesso di vedere una tettonica attiva, eccetto che sulla Terra, quindi è molto eccitante pensare a come queste faglie potrebbe ancora generare lunamoti».
Durante le missioni Apollo 11, 12, 14, 15 e 16 gli astronauti hanno posizionato cinque sismometri sulla superficie lunare. Il sismometro dell’Apollo 11 ha funzionato solo per tre settimane, ma i restanti quattro hanno registrato 28 terremoti superficiali – il tipo prodotto dalle faglie tettoniche – dal 1969 al 1977. Sulla Terra, la magnitudo di questi terremoti sarebbe stata da 2 a 5.
Utilizzando le stime delle posizioni riviste con il loro nuovo algoritmo, i ricercatori hanno scoperto che gli epicentri di otto dei ventotto terremoti superficiali si sono verificati entro 30 km dalle faglie visibili nelle immagini di Lro. È quindi probabile che le faglie stesse abbiano causato i terremoti. Schmerr ha coordinato la produzione delle “mappe sismiche” derivate da modelli che prevedono dove dovrebbe verificarsi la scossa più forte, data la dimensione della faglia tettonica.
I ricercatori hanno anche scoperto che sei degli otto lunamoti si sono verificati quando la Luna era vicina al suo apogeo, il punto nell’orbita più lontano dalla Terra. Questa posizione corrisponde al luogo in cui la tensione mareale indotta dalla gravità terrestre causa un picco nella tensione complessiva sulla crosta lunare, facendo molto probabilmente scivolare le faglie tettoniche.
«Riteniamo che sia molto probabile che questi otto lunamoti siano stati prodotti da faglie in scorrimento, via via che la tensione si è accumulata allorché la crosta lunare è stata compressa dalla contrazione globale e dalle forze di marea. Questo indicherebbe che i sismometri dell’Apollo hanno registrato una contrazione della Luna e che quest’ultima è ancora tettonicamente attiva», suggerisce Thomas Watters, primo autore dell’articolo, nonché senior scientist del Center for Earth and Planetary Studies presso la Smithsonian Institution a Washington.
Come un chicco d’uva che si raggrinza, asciugandosi, fino a diventare uva passa, anche la Luna raggrinzisce mentre il suo interno si raffredda e si restringe. A differenza dell’esile buccia che ricopre il chicco d’uva, la crosta lunare è fragile e il raggrinzimento causa la rottura superficiale. Questa rottura si traduce in faglie tettoniche, in cui una parte della crosta viene spinta sopra la sezione adiacente. Queste faglie assomigliano a delle scarpate, se viste dalla superficie lunare, alte circa dieci metri e lunghe alcuni chilometri.
Lro ha ripreso più di 3.500 scarpate sulla Luna, da quando è divenuto operativo nel 2009. Alcune di queste immagini evidenziano frane o massi sul fondo di zone relativamente luminose, sulle pendici della scarpate o sul terreno vicino, che rappresentano regioni che sono state appena esposte ad eventi come lunamoti.
Altre immagini di faglie mostrano tracce fresche di cadute di massi, suggerendo che i terremoti hanno indotto questi massi a rotolare giù per i pendii delle scarpate. Tali tracce sarebbero state cancellate relativamente in fretta, in termini di tempo geologico, dalla caduta costante di micrometeoriti sulla Luna. Con quasi un decennio di immagini di Lro già disponibili, e altre in arrivo nei prossimi anni, il team vorrebbe confrontare le immagini di alcune faglie in tempi diversi, per cercare nuove prove dei recenti lunamoti.
«Per me, queste scoperte sottolineano che dobbiamo tornare sulla Luna», conclude Schmerr. «Abbiamo imparato molto dalle missioni Apollo, ma in realtà hanno solo scalfito la superficie del nostro satellite. Con una più ampia rete di moderni sismometri, potremmo fare enormi progressi nella comprensione della geologia lunare. Queste future missioni sulla Luna permetterebbero di raccogliere frutti facilmente raggiungibili e molto promettenti per la scienza».
Per saperne di più:
Source: Quando la Luna trema | MEDIA INAF