Stelle, buchi neri e onde gravitazionali – Focus.it

Appare come un dipinto a pastelli, ma è l’elaborazione grafica dell’interazione tra polveri e campo magnetico della nostra Galassia, la Via Lattea, sulla base dei dati inviati a Terra dal satellite Planck (Esa). È nell’elaborazione di dati di questo genere che si cercano i segni delle onde gravitazionali prodotte dal Big Bang.

Quando i fisici del LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory) degli Stati Uniti hanno raccontato al mondo la scoperta delle onde gravitazionali (vedi su Focus.it), il 11 febbraio 2016, hanno fatto riferimento all’evento cosmico più meravigliosamente catastrofico che si possa immaginare: la fusione di due buchi neri in un nuovo buco nero.
Dietro l’evento c’è una storia che forse nemmeno uno scrittore di fantascienza sarebbe riuscito a immaginare, una storia che si è potuta scrivere anche grazie al telescopio spaziale Fermi, che studia l’universo delle alte energie, e che nel caso specifico raccolse impulsi di raggi gamma che potrebbero essere arrivati proprio dal punto di origine delle onde gravitazionali rilevate dai ricercatori del LIGO.

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