Ambisce a diventare il “telescopio definitivo”. La proposta è quella di costruirlo all’interno di un cratere lunare, con uno specchio primario liquido da cento metri di diametro. L’obiettivo scientifico è ambizioso: osservare le stelle di Popolazione III, le prime che si siano mai accese nell’universo. Lo studio è in uscita su ApJ
Il James Webb Space Telescope ancora deve essere lanciato. L’Extremely Large Telescope ancora deve essere costruito. Ma c’è qualcuno che già pensa a quale telescopio verrà dopo. E a che nome potrà avere. Problema, quest’ultimo, da non prendere sottogamba: come si può chiamare il successore del “telescopio estremamente grande”? Ebbene, la risposta è Ult: Ultimately Large Telescope. No, non stiamo scherzando: la proposta è pronta, nero su bianco, a breve verrà pubblicata su The Astrophysical Journal. E il nome non è la sua caratteristica più sorprendente: il “telescopio definitivo”, se mai verrà costruito, sorgerà all’interno di un cratere lunare e avrà uno specchio primario da cento metri di diametro. Uno specchio liquido.
D’accordo, per ora è poco più che un sogno. Ma i tre autori, astronomi alla University of Texas di Austin, non sono partiti da zero: una proposta analoga – ma con uno specchio da “appena” 20 metri di diametro – era già stata presa in esame dalla Nasa nel 2008. Si chiamava Lunar Liquid-Mirror Telescope. Finì per essere scartata e abbandonata in qualche cassetto.
Perché allora volerlo riaprire oggi, quel cassetto? E giocare addirittura al rialzo? La risposta è: Popolazione III. Un’espressione che a noi dice poco, ma per chi studia le stelle è una sorta di Sacro Graal dell’astronomia. Ci si riferisce infatti con l’espressione “Popolazione III” alla prima generazione di stelle nella storia dell’universo. Le prime ad accendersi, circa 13 miliardi di anni fa, e le uniche composte esclusivamente di idrogeno ed elio, visto che all’epoca non c’erano altri elementi. Né avrebbero potuto esserci, d’altronde: sono state le stelle di Popolazione III a fondere i primi elementi “pesanti”. Stelle che mai nessun telescopio è riuscito a osservare, e che nemmeno il James Webb riuscirà a vedere.
«Nel corso della storia dell’astronomia, i telescopi sono diventati sempre più potenti, permettendoci di studiare sorgenti da tempi cosmici di volta in volta più antichi, sempre più vicini al Big Bang. Il futuro James Webb Space Telescope riuscirà a spingersi fino all’epoca in cui le galassie si sono formate per la prima volta. Ma la teoria prevede che ci sia stata un”epoca precedente», spiega infatti uno degli autori dello studio, l’astronomo Volker Bromm, «in cui le galassie non esistevano ancora, nella quale si formarono per la prima volta le singole stelle: le sfuggenti stelle di Popolazione III. E quell’epoca di “primissima luce” è al di là perfino delle possibilità del potente Jwst: richiede un “telescopio definitivo”».
Un telescopio come l’Ultimately Large Telescope, appunto. In grado di funzionare in modo autonomo, alimentato a energia solare, trasmettendo i dati a un satellite in orbita lunare. Se ne starebbe immobile dentro a un cratere al polo nord o sud della Luna – per poter essere sensibile al vicino infrarosso – fissando sempre lo stesso pezzo di cielo, così da raccogliere quanta più luce possibile dalle prime stelle – unico modo per raccogliere fotoni a sufficienza, data la loro estrema distanza e debolezza: rispettivamente, dicono le stime, redshift 15 e magitudine AB 39.
Ma perché uno specchio liquido? Anzitutto per una questione di costi: trasportarlo sulla Luna sarebbe più economico. Si tratterebbe di uno specchio “dinamico”, ottenuto facendo ruotare in continuazione una vasca contenente il liquido – metallico, così da essere riflettente – in modo da imprimergli una curvatura parabolica.
Per saperne di più:
- Leggi il preprint dell’articolo in uscita su The Astrophysical Journal “The Ultimately Large Telescope — what kind of facility do we need to detect Population III stars?”, di Anna T. P. Schauer, Niv Drory e Volker Bromm
Leggi l’articolo originale su MEDIA INAF