Veleno su Io: trovate tracce di acido solfidrico

Grazie ai dati spettrometrici in infrarosso raccolti dallo strumento italiano Jiram a bordo della sonda Juno della Nasa, è stato possibile delineare la mappa della composizione chimica di alcune lune di Giove. I primi autori dei due studi su Io e Ganimede sono Federico Tosi e Alessandro Mura, entrambi ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica

A sinistra, la copertina dello speciale di Journal of Geophysical Research: Planets dedicato a Juno. A destra: Giove e tre dei quattro satelliti medicei visti da Juno. Crediti. Nasa/Jpl-Caltech/Swri/Msss

Quando Galileo li osservò per la prima volta, in quella settimana fra il 7 e il 13 gennaio 1610 che cambiò la storia dell’astronomia, a malapena riuscì a distinguerli l’uno dall’altro per contarli, i quattro “astri medicei”. Oggi siamo in grado addirittura di tracciarne la mappa fisica e chimica del suolo, grazie alla sonda spaziale Juno della Nasa e a strumenti come lo spettrometro a immagini Jiram di cui è dotata. Ed è proprio da Jiram – realizzato in Italia, sensibile nell’intervallo infrarosso tra 2 e 5 micron – che sono arrivati dati utili a stilare l’elenco degli ingredienti di uno dei quattro satelliti galileiani, Io. Ingredienti fra i quali spicca quello associato a una debole banda di assorbimento centrata a 2.65 µm: probabilmente si tratta di acido solfidrico in fase solida. Potente veleno dal caratteristico odore di uova marce (quando è in stato gassoso), su Io l’acido solfidrico si concentrerebbe in alcune zone specifiche, per esempio nella regione di Bosphorous Regio e nelle unità di materiale giallo e brillante che circondano Loki Patera. Questa è l’ipotesi suggerita da un team guidato da Federico Tosi dell’Inaf di Roma, primo autore di uno studio su Io pubblicato sul Journal of Geophysical Research: Planets, all’interno di un numero speciale dedicato ai primi quattro anni di missione di Juno, “Jupiter midway through the Juno mission”.

Federico Tosi, ricercatore all’Inaf Iaps di Roma

«Il ghiaccio di acido solfidirico», spiega Tosi a Media Inaf, «è estremamente instabile alle temperature diurne tipiche di Io. Tuttavia, poiché l’acido solfidrico è un tipico gas emesso dai vulcani, non solo sulla Terra ma anche su Io che è il corpo vulcanicamente più attivo del Sistema solare, la sua rilevazione sulla superficie del satellite è importante soprattutto se questo ha un carattere transiente. Infatti non si può escludere che l’acido solfidrico possa condensare in superficie e sopravvivere a basse concentrazioni per un tempo sufficiente a Jiram per rivelarlo durante i passaggi ravvicinati di Juno a Giove».

Oltre alla probabile presenza di acido solfidirico, Jiram ha registrato su Io altre tre firma spettrali interessanti per gli astrochimici. Una è quella a 3.92 μm, attribuita al cloruro di solforile e ampiamente correlata con la distribuzione di anidride solforosa. Le altre due sono firme molto deboli – a 4.55 μm e 4.62 μm – che, quando presenti simultaneamente, suggeriscono che composti nitrili o toline, già osservati su Callisto e Ganimede, potrebbero essere presenti anche sulla superficie di Io.

Alessandro Mura, ricercatore all’Inaf Iaps di Roma e principal investigator di Jiram

E proprio alle osservazioni di Ganimede è dedicato un altro articolo dello speciale su Juno, questa volta a prima firma di Alessandro Mura, anch’egli ricercatore all’Inaf di Roma nonché attuale principal investigator di Jiram. Nel caso di Ganimede, i dati di Jiram hanno permesso una mappatura spettroscopica senza precedenti della regione polare settentrionale. Oltre al ghiaccio d’acqua, Jiram ha rilevato una serie di composti secondari come l’anidride carbonica, intrappolata nel ghiaccio stesso, nonché sali minerati idrati e composti organici, la cui precisa identificazione rimane un obiettivo per il futuro.

«Si tratta di risultati complementari a quanto fatto in passato da precedenti esplorazioni spaziali», osserva Mura, «e al tempo stesso propedeutici a future esplorazioni ravvicinate come quella di Juice, una sonda dell’Esa che entrerà in orbita proprio attorno a Ganimede negli anni Trenta».

E a proposito di anni: la vita di Juno potrebbe allungarsi – e con essa quella di Jiram, che si conferma uno strumento fondamentale non solo per lo studio di Giove, ma anche dei suoi maggiori satelliti. È infatti stata presentata alla Nasa una proposta di estensione della missione che, se approvata, ne posticiperebbe il pensionamento al 2025, concedendole così un raddoppio della sua età attuale.

Per saperne di più:

  • Leggi su Journal of Geophysical Research: Planets l’articolo “Mapping Io’s Surface Composition With Juno/JIRAM”, di F. Tosi Mura,  R. M. C. Lopes,  G. Filacchione,  M. Ciarniello,  F. Zambon,  A. Adriani,  S. J. Bolton,  S. M. Brooks,  R. Noschese,  R. Sordini,  D. Turrini,  F. Altieri,  A. Cicchetti,  D. Grassi,  C. J. Hansen,  A. Migliorini,  M. L. Moriconi,  G. Piccioni,  C. Plainaki,  G. Sindoni
  • Leggi su Journal of Geophysical Research: Planets l’articolo “Infrared observations of Ganymede from Juno/JIRAM”, di A. Mura Adriani  R. Sordini  G. Sindoni  C. Plainaki  F. Tosi  G. Filacchione  S. Bolton  F. Zambon  C. J. Hansen  M. Ciarniello  S. Brooks  G. Piccioni  D. Grassi  F. Altieri  A. Migliorini  M.L. Moriconi  R. Noschese  A. Cicchetti

Leggi l’articolo originale su MEDIA INAF

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