Verso la Luna con Chang’e 5

La sonda cinese Chang’e 5, lanciata il 23 novembre scorso, è regolarmente in rotta verso la Luna. La missione ha come scopo principale il prelievo e il ritorno verso la Terra di 2 kg di rocce lunari. Il booster della sonda invece sta ricadendo verso il nostro pianeta e si disintegrerà nel cielo del Pacifico il 30 novembre prossimo. Sia la sonda che il booster sono stati osservati con il telescopio “Cassini” di Loiano

La ripresa dell’esplorazione lunare, tappa indispensabile per il grande balzo verso Marte, prosegue senza sosta da parte delle principali agenzie spaziali. Il 23 novembre, alle 20:30 Ut, un razzo  ha immesso su un’orbita di trasferimento per la Luna la sonda cinese Chang’e 5. Al momento in cui scriviamo (28.11.2020, ndr) la sonda – il cui nome è quello della dea cinese della Luna – si trova in vista del nostro satellite, a circa 400mila km dalla Terra, praticamente a destinazione.

Il luogo previsto dell’allunaggio della Chang’e 5, all’estremità occidentale dell’Oceano delle Tempeste. La mappa riporta anche i punti di allunaggio di tutte le missioni russe (triangoli rossi), americane (triangoli gialli) nonché delle missioni americane Apollo (triangoli verdi). Crediti: Nasa

Questa missione è importante per due motivi. Innanzi tutto è la prima missione cinese avente come obiettivo il ritorno di almeno 2 kg di rocce dalla superficie del nostro satellite e in secondo luogo è la prima missione di ritorno di campioni lunari dall’epoca della sonda sovietica Luna 24, lanciata il 20 agosto 1976 da Bajkonur. Dopo 44 anni quindi si riporterà a casa un pezzetto del nostro satellite naturale.

La Chang’e 5 è diretta verso la regione nord-occidentale della Luna molto cara ai cinesi, più esattamente verso l’interessantissimo Mons Rümker, che si trova nell’Oceano delle Tempeste (Oceanus Procellarum), non molto lontano da dove, nel 2013, la “sorella” Chang’e 3, atterrò depositando il piccolo rover Yutu. Ancora prima, nel 1970, anche i russi esplorarono la regione con la missione Luna 17 portandovi il primo “robottino” semovente (il famoso Lunokhod). Sul Mons Rümker, che ha un diametro alla base di 70 km, si trovano 30 domi, ossia strutture vulcaniche cupoliformi provocate dalla risalita di lava molto viscosa con tanto di “bocca” sommitale. I campioni raccolti da questa missione saranno quindi dei basalti lunari, con un’età stimabile in circa 1.2 miliardi di anni. Per confronto, le rocce raccolte dalle missioni Apollo erano molto più vecchie, con un’età compresa fra 3.1 e 4.4 miliardi di anni.

Una veduta d’insieme della sonda cinese Chang’e’ 5. L’intera astronave ha un peso di circa 8 tonnellate. Crediti: Cast/Spaceflight101

La Chang’e 5 è una sonda complessa essendo costituita da un modulo di servizio, un lander, un modulo di ascesa e un razzo per il ritorno a terra dei campioni. Il lander raccoglierà circa 2 kg di campioni alla profondità di circa 2 metri (in modo da essere sicuri che non siano stati alterati dall’esposizione ai raggi cosmici e alla radiazione solare) e li collocherà nel modulo di risalita che tornerà in orbita lunare. Il veicolo di risalita effettuerà un rendez-vous automatico e attraccherà al modulo di servizio che – a sua volta – trasferirà i campioni nella capsula per il ritorno a terra. Il recupero dei campioni al suolo è prevista per il 16-17 dicembre in Mongolia.

Un aspetto interessante della missione è il secondo stadio del vettore Lunga Marcia 5, utilizzato per instradare l’astronave verso la Luna e poi staccatosi alla conclusione della sua spinta propulsiva, circa a metà strada del cammino, continuando in maniera balistica come compagno di viaggio della Chang’e 5. Questa parte del missile (probabilmente della lunghezza di una quindicina di metri e del peso, al lancio, di circa 36 tonnellate), dopo avere raggiunto la distanza massima dalla Terra di 289mila km il mattino del 27 novembre, sta ora ricadendo verso il nostro pianeta dove – se non interverranno fattori diversi dalla gravità e dalla pressione della radiazione – dovrebbe rientrare in atmosfera nel cielo dell’oceano Pacifico attorno alle 15:30 Ut del 30 novembre. Perché questa “inusuale” (e potenzialmente pericolosa) scelta dell’agenzia spaziale cinese?

In questa immagine, ripresa il 25 novembre 2020 con il telescopio “G. D. Cassini” di Loiano dell’Inaf di Bologna, la Chang’e 5 si trovava a circa 265mila km dalla Terra. Crediti: Inaf Oas Bologna

«Non è sempre facile intuire le modalità e le reali intenzioni delle missioni spaziali cinesi, anche a causa di una certa riservatezza da parte della loro agenzia spaziale, la Cnsa», dice Alberto Buzzoni, coordinatore del gruppo di Space Surveillance and Tracking dell’Osservatorio di astrofisica e scienza dello spazio (Oas) dell’Inaf di Bologna. «Nel caso specifico delle missioni lunari, va detto che i cinesi privilegiano generalmente traiettorie molto dirette (e quindi dispendiose dal punto di vista della potenza dei motori dei lanciatori), lasciando la Terra a velocità attorno ai 11 km al secondo, in grado quindi di raggiungere la Luna velocemente, lasciando poi l’ultimo stadio del missile in orbita solare. Al momento del distacco l’ultimo stadio del vettore Lunga Marcia 5 si è immesso in un’orbita molto ellittica che, nominalmente, lo potrebbe riportare indietro o, al contrario, far perdere per sempre nello spazio se intervenisse anche una piccolissima perturbazione dinamica supplementare. A questo punto, quindi, una previsione precisa della traiettoria balistica potrebbe riservare inaspettate sorprese dell’ultima ora, poiché il propellente residuo a bordo potrebbe ancora “sgasarsi”, imprimendo ulteriori impulsi e cambi di orbita imprevisti. C’è poi da aggiungere l’effetto della pressione dovuta all’illuminazione solare che, per quanto piccola, dipende molto dell’assetto del missile e può essere decisiva in questi casi. Nel caso l’ultimo stadio rientrasse davvero in atmosfera, va detto che si tratterà di un evento di una certa attenzione poiché, date le dimensioni e il peso del missile, sarebbe certamente da attendersi la caduta di detriti al suolo (o in mare)».

Animazione che mostra lo spostamento in cielo della Chang’e 5 la sera del 25 novembre 2020. Crediti: Inaf Oas Bologna

All’Inaf-Oas sono state riprese, con il telescopio “G. D. Cassini” di Loiano, diverse immagini Ccd, sia della Chang’e 5 sia del suo booster, poco dopo la manovra di aggiustamento della traiettoria a metà cammino e il suo distacco dalla nave madre, quando erano a più di 200mila km da noi. Oltre che per scopi astrometrici (ossia per calcolare l’orbita geocentrica dei due oggetti), le riprese avevano anche un altro scopo, come ci spiega Giovanna Stirpe dell’Inaf-Oas: «Abbiamo osservato sia la sonda che il booster in diverse bande fotometriche, per caratterizzare le proprietà riflettenti dell’astronave e del missile (il cosiddetto “albedo”). Questo ci permette di ottenere almeno una stima delle loro caratteristiche fisiche, come ad esempio la natura del rivestimento. Inoltre cerchiamo anche eventuali rapide variazioni di luminosità, che sarebbero indice di cambiamenti di assetto, quali ad esempio una rotazione, o – nel caso del booster – di tumbling durante il ritorno sulla terra. Le caratteristiche del moto al momento del rientro in atmosfera, infatti, influenzano molto il modo in cui l’attrito della stessa agisce sul relitto, e quindi la durata e la traiettoria della caduta».

Insomma, mentre i cinesi tornano sulla Luna lo spazio circumterrestre è tenuto sotto stretta sorveglianza dai telescopio al suolo, compreso il “Cassini” dell’Inaf di Bologna, nell’ambito del progetto di sorveglianza spaziale in cui è coinvolto a livello europeo.

Leggi l’articolo originale su MEDIA INAF.

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