Voyager rileva shock interstellari di origine solare

A più di 40 anni dal lancio, le due sonde Voyager hanno rilevato raffiche di elettroni di alta energia, che hanno viaggiato quasi alla velocità della luce, circa 670 volte più veloci delle onde d’urto che li hanno allontanati dal Sole. Dalle osservazioni, gli scienziati sono stati in grado di costruire un modello che descrive l’interazione delle onde d’urto di origine solare con il plasma interstellare. Tutti i dettagli su Astronomical Journal

Le sonde Voyager continuano a fare scoperte anche mentre viaggiano nello spazio interstellare. In un nuovo studio, i fisici dell’Università dell’Iowa riportano i risultati delle osservazioni da parte delle sonde Voyager di elettroni dei raggi cosmici associati a eruzioni solari, a più di 23 miliardi di chilometri di distanza dalla Terra. Crediti: Nasa/Jpl

A più di 40 anni dal lancio, le due sonde Voyager continuano a fare importanti scoperte. In un nuovo studio, pubblicato su Astronomical Journal, un team di fisici guidati dall’Università dello Iowa riporta il primo rilevamento di raffiche di elettroni di raggi cosmici accelerati da onde d’urto originate da grandi eruzioni solari. Il rilevamento, effettuato dagli strumenti a bordo delle due sonde, si è verificato mentre le Voyager stanno continuando il loro viaggio attraverso il mezzo interstellare. Ricordiamo che la sonda Voyager 1 ha varcato l’eliopausa – il confine tra il plasma solare caldo e il plasma interstellare, relativamente freddo – il 25 agosto del 2012, mentre la Voyager 2 ha lasciato l’eliosfera il 5 novembre 2018.

Le raffiche di elettroni di alta energia (circa 5–100 MeV) appena rilevate sono come un’avanguardia, accelerata lungo le linee di forza del campo magnetico nel mezzo interstellare: hanno viaggiato quasi alla velocità della luce, circa 670 volte più veloci delle onde d’urto che inizialmente li hanno spinti via. Alle raffiche di elettroni sono seguite oscillazioni delle onde di plasma, causate da elettroni a energia più bassa che sono giunti fino agli strumenti delle due Voyager giorni dopo. In alcuni casi, fino a un mese dopo, è stata rilevata anche l’onda d’urto stessa.

Le onde d’urto in questione sono state rilasciate da espulsioni di massa coronale: esplosioni di plasma ed energia che si muovono dalla superficie del Sole verso l’esterno, a circa un milione e mezzo di chilometri all’ora. Anche a quelle velocità, ci vuole più di un anno perché raggiungano le due sonde Voyager, che stanno viaggiando rispettivamente a circa 23 miliardi di chilometri (Voyager 1) e 19 miliardi di chilometri (Voyager 2) dalla Terra.

I fisici ritengono che gli elettroni energetici rilevati dalle sonde nel mezzo interstellare siano riflessi da un forte campo magnetico al bordo dell’onda d’urto e successivamente accelerati dal movimento dell’onda d’urto stessa. Gli elettroni riflessi si muovono quindi a spirale lungo le linee del campo magnetico interstellare, guadagnando velocità all’aumentare della distanza tra loro e lo shock.

Il tempo intercorso tra la rilevazione dei raggi cosmici riflessi dall’onda d’urto e l’inizio delle oscillazioni del plasma ha permesso, per la prima volta, di stimare l’energia dei fasci di elettroni responsabili delle oscillazioni del plasma (circa 20–100 eV). Le osservazioni delle due sonde sono state combinate in un modello autoconsistente – chiamato foreshock model – che descrive l’interazione delle onde d’urto di origine solare con il plasma interstellare.

In un articolo del 2014, pubblicato su ApJ Letters, i fisici J. Randy Jokipii e József Kóta avevano descritto teoricamente come gli ioni riflessi dalle onde d’urto potrebbero essere accelerati lungo le linee del campo magnetico interstellare. Questo studio esamina le raffiche di elettroni rilevati dalla sonda Voyager, che si pensa siano accelerati da un processo simile a quello descritto dai due fisici. «L’idea che le onde d’urto accelerino le particelle non è nuova», dice Gurnett. «Ha tutto a che fare con il modo in cui funziona, il meccanismo. E il fatto che l’abbiamo rilevato in un nuovo regno, il mezzo interstellare, che è molto diverso dal vento solare dove sono stati osservati processi simili. Nessuno l’aveva mai visto con un’onda d’urto interstellare, in un mezzo completamente nuovo».

La scoperta potrebbe aiutare i fisici a comprendere meglio le dinamiche alla base delle onde d’urto e della radiazione cosmica che proviene dai brillamenti stellari (la cui luminosità può cambiare velocemente, a causa dell’attività violenta sulla superficie delle stelle) e dalle stelle che esplodono. È importante considerare la fisica di tali fenomeni nel momento in cui si intendono inviare astronauti per escursioni lunari o marziane prolungate, durante le quali potrebbero essere esposti a concentrazioni di raggi cosmici di gran lunga superiori a quelle che sperimentiamo abitualmente sulla Terra.

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