La data da cerchiare è l’11 febbraio, dopo la nostra concezione del mondo potrebbe non essere più la stessa. Così promettono le indiscrezioni sull’imminente annuncio della prima rilevazione diretta d’onde gravitazionali, indiscrezioni che s’accavallano, in rete e sulle riviste più prestigiose, Science in testa. Fibrillazione comprensibile: è esattamente da un secolo, da quando Einstein formulò la sua teoria della relatività generale, che scienziati di tutto il mondo sognano di catturare queste impalpabili increspature nel tessuto dello spazio-tempo.
In realtà di onde gravitazionali ce ne sono in continuazione: ogni volta che una massa accelera o decelera, se ne produce una. Il problema è che sono increspature infinitesimali, del tutto impercettibili. Questo perché la gravità è una forza incredibilmente debole. Dunque per cogliere un’onda gravitazionale servono due condizioni.
La prima è che sia un’onda altissima, e dunque che le masse coinvolte siano enormi: un pianeta non basta, e forse nemmeno una normale stella. Occorrono pesi massimi e scenari apocalittici, come per esempio una coppia di stelle di neutroni in orbita vorticosa l’una attorno all’altra, o ancora meglio due buchi neri che si fondono l’uno nell’altro. Fenomeni estremi e relativamente rari, dunque, che i nostri radiotelescopi e telescopi, da terra e dallo spazio, studiano incessantemente.
La seconda condizione è disporre di strumenti straordinariamente sensibili. Parliamo di sensori in grado di rilevare una deformazione dello spazio pari a meno d’un millesimo del diametro d’un protone. Una sensibilità difficile anche solo da immaginare, eppure l’ingegno umano e la tecnologia laser interferometrica – a un secolo di distanza da Einstein – hanno fatto passi in avanti tali da rendere queste misure finalmente possibili. Strumenti come i chilometrici bracci ortogonali dei due rivelatori LIGO, negli Stati Uniti, e Virgo, gestito dal CNRS francese e dal nostro INFN nella campagna pisana. Bracci nei quali fasci di luce laser corrono nel vuoto più spinto, pronti a rilevare la benché minima variazione nella geometria dell’universo. Ed è proprio da questi sismografi dello spazio-tempo che, nella migliore delle ipotesi, potrebbe finalmente essere stato captato un sussulto gravitazionale. La risposta giovedì prossimo.
Servizio di Marco Malaspina