Per simmetria con un articolo di due settimane fa illustrato da due foto del sorgere del Sole su via Garibaldi scattate il 5 febbraio come prova di una possibile data di fondazione di Torino in quel giorno del 27 a.C., anche questo articolo parte da una immagine, che però racconta una storia diversa: il genetliaco della città dovrebbe essere anticipato al 30 gennaio, e l’anno – che rimane il dato più incerto – posticipato al 9 a.C. per considerazioni di carattere storico.
Il Sole illumina il decumano
E’ quanto emerge dal lavoro interdisciplinare svolto dall’archeologo Sandro Caranzano, autore tra l’altro di ricerche in Giordania per conto dell’Università di Torino, con l’astrofisica Mariateresa Crosta (sede torinese dell’Istituto nazionale di astrofisica). Per rendere più rigorosa la ricostruzione, la foto è stata ripresa da un drone che si è levato in volo il 31 di gennaio su via Garibaldi (corrispondente al decumano della città romana) per cogliere il primo raggio di sole emergente dalla collina. Il lavoro Caranzano-Crosta fu presentato per la prima volta nel maggio 2017 in una conferenza al Museo di Antichità e poi perfezionato, fino a una versione definitiva di prossima pubblicazione.
Tema controverso
L’impulso per il mio articolo di due settimane fa è stato il libro di Guido Cossard “Torino città celeste”. Nelle ultime righe della recensione mi domandavo se ci fosse accordo su quelle conclusioni. La risposta era “ni”, e citavo lavori divergenti: il Caranzano-Crosta e un altro, presente nel sito web del Politecnico di Torino, a sua volta ruvidamente polemico con il Caranzano-Crosta. Ho scoperto così che il tema della data di fondazione solleva aspre controversie tra ricercatori, curiosità nel pubblico e interesse nell’associazione dei commercianti, che vorrebbe istituire una “festa di compleanno”. La disputa che ne è sorta ha comunque un esito utile perché consente un approfondimento del problema sulla base del lavoro Caranzano-Crosta.
La Festa di Pax
“Dopo un’accurata analisi delle fonti latine di età imperiale – dicono Caranzano e Crosta – abbiamo ricostruito il procedimento inaugurale nei minimi dettagli; quindi, con l’aiuto del GPS e di un teodolite abbiamo ricavato l’azimut di via Garibaldi (che ricalca il percorso del decumano romano) e ricostruito il moto del cosiddetto Sole Vero per l’età antica. Il principio è quello secondo il quale il decumano rappresenta un «fossile guida» capace di indicarci dove si trovava il Sole al suo sorgere nel momento della fondazione e quindi di risalire al giorno in cui fu svolta la cerimonia. Tra le date offerte dall’elaborazione astronomica – escluse le autunnali, ritenute infauste – l’attenzione si è concentrata sul 30 gennaio. La data coincide con la festa di Pax, istituita da Augusto al ritorno dalle Guerre Alpine (17-14 a.C.) che avevano determinato la sottomissione delle popolazioni celtiche delle Alpi e a cui seguì la fondazione di diverse colonie per ospitare i veterani (Res Gestae, XII). Poiché la festa fu celebrata per la prima volta presso l’Ara Pacis in Campo Marzio il 30 gennaio del 9 a.C. alla presenza dell’imperatore, e poiché è improbabile che la città sia stata inaugurata in onore di una festa prima che questa venisse celebrata, il 30 gennaio del 9 a.C. si propone come un caposaldo cronologico: anche l’arco di Augusto della vicina Susa è datato al 9-8 a.C.”.
Intervallo di date possibili
“Il risultato ottenuto – dice Mariateresa Crosta – tiene in considerazione quello che in astronomia viene chiamato Sole Vero, che implica l’uso di algoritmi impossibili da trattare senza un programma informatico che includa le perturbazioni sull’asse terrestre nel corso dei secoli e l’adeguamento del calendario moderno a quello antico. Altri dati da valutare sono la rifrazione atmosferica, gli errori strumentali, l’incertezza della posizione di chi fece la misura, la variazione del profilo collinare. Tutti fattori che aprono un intervallo di date possibili. La scelta finale deve essere fatta, necessariamente, non dall’astronomo ma dall’archeologo sulla base dei dati offerti dalle fonti latine, dall’epigrafia e dall’archeologia. L’astronomia, da sola non può fornire risultati storici; può solo verificare quanto e quali delle variabili in gioco possano considerarsi trascurabili.”
“Prove” fotografiche
Una conclusione? “Dal punto di vista astronomico la data del 30 gennaio è perfettamente compatibile con i criteri di fondazione descritti nei trattati dei gromatici – cioè i tecnici che eseguivano le misure in base al primo bagliore del Sole. Invece, nel caso di un’osservazione diretta del disco solare, sono accettabili le date del 3 o del 4 febbraio (come da noi sostenuto sul Giornale di Astronomia del settembre 2019), mentre la data del 5 febbraio è difficilmente difendibile. Le date del 3 e 4 febbraio sono possibili solo postulando che il Sole venisse osservato quando già si era levato sopra la collina di Torino (cosa che rendeva l’osservazione più difficile, sia per l’aumentata luminosità del Sole, sia perché il suo disco via via più evidente impedirebbe di definire una direzione). Per questo non sono da ritenere significative le foto pubblicate nell’articolo del 10 febbraio. Piuttosto, l’immagine scattata con un drone il 31 gennaio 2020 (secondo il nostro calcolatore questa data corrisponde al 29 gennaio del 9 d.C.) mostra come il Sole stia allineandosi con via Garibaldi.”
Ipotesi e obiezioni
Il libro di Cossard – osserva Caranzano – avanza alcune ipotesi che incontrano obiezioni storiche: “L’affermazione secondo cui una Festa di Augusto Pater Patriae fu ufficiosamente celebrata nel 27-28 a.C. non è condivisibile perché non ci fu mai una festa, ma un solenne conferimento del titolo ad Ottaviano da parte del Senato e il conferimento è del 2 a.C. e non del 28 a.C.
Inoltre un legame tra la fondazione di Torino, l’anno soterico egizio, Iside, il sito archeologico di Industria e la festa del Navigium Isidis non è convincente. La festa di Iside cade, infatti, agli inizi di marzo. Inoltre, essendo ostile a Marco Antonio e Cleopatra – e più in generale, al potere autocratico di stampo orientale – Augusto ostacolò i culti egizi a livello ufficiale. Tiberio addirittura fece gettare la statua di Iside nel Tevere. Fu solo con Caligola e poi con Nerone che i culti orientali entrarono nella cultura romana. A Industria si parla di un primo spazio di culto in età augustea-tiberiana su iniziativa di alcune famiglie di mercanti (la fase monumentale è di Adriano, 117-118 d.C.) ma l’intitolazione di una colonia di Augusto a Iside è un altro paio di maniche.”
Il cippo del console Lollio
Rimane la questione reperibile nel web del cippo confinario di un campo romano con sopra inciso il nome di Marco Lollio, console nel 21 a.C., eventuale indizio per la datazione. “Il cippo – precisa Caranzano – è stato recuperato dalla Soprintendenza e dai Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale nell’abitazione di un privato di Rivoli. La sua provenienza da Alpignano si basa unicamente su testimonianze orali indirette. Siamo stati i primi a segnalare l’epigrafe nello studio sulla fondazione della città chiarendo che, considerate le riserve della comunità scientifica, essa non può avere valore probatorio. Se il problema è spiegare la presenza (nel 21 a.C.) di un podere romano ad Alpignano, basterà ricordare che dopo la concessione fatta da Giulio Cesare della cittadinanza romana agli abitanti Gallia Cisalpina (Piemonte incluso: Lex Roscia del 47 a.C.), gli atti giuridici – anche il litigio per un confine – erano regolati da Roma. Se aggiungiamo il fatto che Strabone nella sua Geografia composta tra il 14 e il 23 d.C. sembra ignorare la città, e che il nome Augusta Taurinorum appare solo sull’itinerario stradale compilato dopo la fondazione di Susa (13/12 a.C.) che decora uno dei vasi romani di Vicarello, una datazione di Torino al 28/27 a.C. diventa problematica. In assenza di epigrafi e documenti conclusivi, rimane lo stimolo per proseguire le ricerche in contesti simili.”
Source: E un drone volò sulla nascita di Torino – La Stampa