Vita microbica su Marte? Basta un po’ di cellulosa

Le colture di Kombucha si proteggono dalle condizioni avverse creando una struttura a base di cellulosa per resistere alle alte temperature e alle radiazioni. Il biofilm è abbastanza spesso da poter essere visto ad occhio nudo, anche se è creato da microrganismi. La cellulosa microbica è un nanomateriale promettente per l’industria spaziale e studiarla in spazi aperti ha un valore pratico per le nuove tecnologie. Crediti: Esa / J. Harrod

Un gruppo di ricerca internazionale, di cui fanno parte scienziati e scienziate dal Brasile, India, Sud Africa, Germania e Ucraina, ha studiato le possibilità di sopravvivenza delle colture di kombucha in condizioni simili a quelle che si trovano su Marte. Il kombucha è una bevanda, a volte chiamata fungo del tè, ottenuta dalla fermentazione del tè zuccherato. La fermentazione avviene tramite una massa solida macroscopica chiamata Scoby: una coltura simbiotica di batteri e lieviti. Sebbene l’ambiente marziano simulato abbia distrutto l’ecologia microbica delle colture di kombucha, sorprendentemente è sopravvissuta una specie batterica che produce cellulosa.

Gli scienziati del progetto Biology and Mars Experiment (Biomex) avevano già inviato colture di kombucha sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) nel 2014, con il supporto dell’Agenzia Spaziale Europea. L’obiettivo era saperne di più sulla robustezza della cellulosa come biomarcatore, sull’architettura genomica del kombucha e sulle sue capacità di sopravvivenza in condizioni extraterrestri. Dopo un anno e mezzo in condizioni marziane simulate al di fuori della Iss, i campioni sono stati riattivati ​​sulla Terra e coltivati ​​per altri due anni e mezzo.

Bertram Brenig dell’Istituto di Medicina Veterinaria dell’Università di Gottinga, è stato responsabile del sequenziamento e dell’analisi bioinformatica dei metagenomi delle colture riattivate e delle singole colture di kombucha. «Sulla base della nostra analisi metagenomica, abbiamo scoperto che l’ambiente marziano simulato ha interrotto drasticamente l’ecologia microbica delle colture di kombucha. Tuttavia, siamo rimasti sorpresi nello scoprire che i batteri produttori di cellulosa del genere Komagataeibacter sono sopravvissuti». I risultati suggeriscono che la cellulosa prodotta dai batteri sia probabilmente responsabile della loro sopravvivenza in condizioni extraterrestri. Ciò fornisce anche la prima prova che la cellulosa batterica potrebbe essere un biomarcatore per la vita extraterrestre e membrane o film a base di cellulosa potrebbero essere un buon biomateriale per proteggere la vita e produrre beni di consumo negli insediamenti extraterrestri.

Una piattaforma (Expose-R2) all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale (Iss) per simulare un ambiente simile a Marte che è stata utilizzata per gli esperimenti. Crediti: Esa

Un ulteriore aspetto interessante di questi esperimenti potrebbe essere lo sviluppo di nuovi sistemi di somministrazione di farmaci, ad esempio per lo sviluppo di medicinali adatti all’uso nello spazio. Un altro focus era sulle indagini sui cambiamenti nella resistenza agli antibiotici: i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che il numero totale di geni resistenti agli antibiotici e ai metalli – il che significa che questi microrganismi potrebbero sopravvivere nonostante gli antibiotici o i metalli nell’ambiente – sono risultati arricchiti nelle colture esposte. «Questo risultato mostra che le difficoltà associate alla resistenza agli antibiotici in medicina nello spazio dovrebbero ricevere un’attenzione particolare in futuro», concludono gli scienziati.

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