Da un Boeing 747, Sofia della Nasa ha studiato un quasar freddo a 5.25 miliardi di anni luce di distanza, nel quale la nascita delle stelle sembra coesistere con il vorace banchetto del buco nero centrale. Si tratta della prima volta che i ricercatori esaminano in dettaglio un quasar freddo, misurando la crescita del buco nero, il tasso di natalità delle stelle e quanto gas freddo rimane per alimentare la galassia. Tutti i dettagli su ApJ
Si pensa che i buchi neri più affamati divorino così tanto materiale da porre fine alla vita della galassia che li ospita. Questo banchetto è talmente intenso da creare un oggetto altamente energetico chiamato quasar – uno degli oggetti più luminosi dell’universo, per via dell’emissione della materia che cade nel buco nero centrale, risucchiata nella sua pancia.
Ora, i ricercatori hanno scoperto una galassia che ce la sta mettendo tutta per sopravvivere alle fameliche forze del buco nero, continuando a far nascere nuove stelle: circa 100 stelle delle dimensioni del Sole all’anno.
La scoperta – effettuata grazie a Sofia (Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy) della Nasa, a bordo di un Boeing 747 – può aiutare a spiegare come sono nate le galassie massicce, anche se l’universo oggi è dominato da galassie che non formano più stelle. I risultati sono stati pubblicati su Astrophysical Journal.
«Questo risultato ci mostra che la crescita dei buchi neri attivi non inibisce istantaneamente la nascita delle stelle, il che va contro tutte le attuali previsioni scientifiche», commenta Allison Kirkpatrick, dell’Università del Kansas, coautore dello studio. «Ci sta spingendo a ripensare le nostre teorie su come si evolvono le galassie».
Sofia, un progetto congiunto della Nasa e del Centro aerospaziale tedesco, Dlr, ha studiato una galassia estremamente distante, situata a più di 5.25 miliardi di anni luce di distanza, chiamata Cq4479. Al centro c’è un tipo speciale di quasar, recentemente scoperto dalla Kirkpatrick e chiamato quasar freddo. In questo tipo di quasar, il buco nero attivo sta ancora banchettando con il materiale della galassia che lo ospita, ma l’intensa energia del quasar non è riuscita a devastare tutto il gas freddo, quindi le stelle possono continuare a formarsi e la galassia a sopravvivere. Si tratta della prima volta che i ricercatori esaminano in dettaglio un quasar freddo, misurando direttamente la crescita del buco nero, il tasso di natalità delle stelle e quanto gas freddo rimane per alimentare la galassia.
«Se questa crescita in tandem continuasse», riferisce Kevin Cooke, primo autore dello studio «sia il buco nero che le stelle che lo circondano triplicherebbero in massa, prima che la galassia raggiunga la fine della sua vita».
Essendo tra gli oggetti più luminosi e distanti dell’universo, i quasar sono notoriamente difficili da osservare perché spesso eclissano tutto ciò che li circonda. Si formano quando un buco nero particolarmente attivo consuma enormi quantità di materiale dalla galassia circostante. Man mano che il materiale spiraleggia sempre più velocemente verso il centro del buco nero, si riscalda e brilla, offuscando tutto ciò che lo circonda e accecando i nostri tentativi di osservare la galassia che lo ospita. Le teorie attuali prevedono che l’energia rilasciata riscaldi o espella il gas freddo necessario per creare stelle, inibendone la nascita e dando un colpo letale alla crescita di una galassia. Ma Sofia ha rivelato che c’è un periodo relativamente breve in cui la nascita delle stelle nella galassia può coesistere con il banchetto del buco nero, che continua ad alimentare le potenti forze del quasar.
Invece di osservare direttamente le stelle appena nate, Sofia ha utilizzato il suo telescopio da circa 30 centimetri per rilevare la luce infrarossa irradiata dalla polvere, riscaldata dal processo di formazione stellare.
Utilizzando i dati raccolti dallo strumento High-resolution Airborne Wideband Camera-Plus (Hawc+) di Sofia, gli scienziati sono stati in grado di stimare la quantità di formazione stellare negli ultimi 100 milioni di anni. «Sofia ci consente di vedere in questo breve lasso di tempo in cui i due processi possono coesistere», ha affermato Cooke. «È l’unico telescopio in grado di studiare la nascita delle stelle in questa galassia senza essere sopraffatto dall’intensa luminosità del quasar».
«La peculiarità di questo oggetto, Cq 4479, è che lo stiamo osservando in una fase molto particolare», spiega a Media Inaf Alessandro Peca, dell’Università di Miami, coautore dello studio. «È incredibile come l’emissione nei raggi X – di cui mi sono occupato – riveli una forte attività di Agn, ma allo stesso tempo ci sia una forte emissione stellare e una grande riserva di gas pronta a formare nuove stelle. Questo significa che ci troviamo esattamente un momento prima che il feedback dell’Agn agisca sulla formazione stellare, ed è strabiliante il fatto che lo stiamo osservando proprio in questo momento».
La breve finestra in cui coesistono sia il buco nero che la crescita delle stelle, rappresenta una fase iniziale della morte di una galassia, in cui la galassia non ha ancora ceduto agli effetti devastanti del quasar. Sono necessarie ulteriori ricerche con Sofia per capire se molte altre galassie attraversano uno stadio simile prima di raggiungere la fine della loro vita.
Per saperne di più:
- Leggi su Astrophysical Journal l’articolo “Dying of the Light: An X-Ray Fading Cold Quasar at z ~ 0.405” di Kevin C. Cooke, Allison Kirkpatrick, Michael Estrada, Hugo Messias, Alessandro Peca, Nico Cappelluti, Tonima Tasnim Ananna, Jason Brewster, Eilat Glikman, Stephanie LaMassa, T. K. Daisy Leung, Jonathan R. Trump, Tracey Jane Turner e C. Megan Urry
Leggi l’articolo originale su MEDIA INAF.